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Chemioterapia: lo IEO sperimenta il casco che salva i capelli

Chemioterapia: casco salva capelli
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Lo IEO, Istituto Europeo per l’Oncologia, ha sperimentato un casco salva capelli per proteggere i bulbi piliferi dagli effetti della chemioterapia. Risultati incoraggianti sull’85% delle pazienti oncologiche.

 

L’estetica è parte integrante delle cure oncologiche. Guardarsi allo specchio e riconoscersi al di là e nonostante la malattia per molti pazienti oncologici è fondamentale per non immedesimarsi con il cancro e ritrovare la forza di contrastarlo. Questo è particolarmente vero per le donne in chemioterapia che, oltre alle difficoltà fisiche, devono imparare a convivere con uno degli effetti collaterali più evidenti e faticosi da accettare: la perdita dei capelli.

 

Chemioterapia e capelli salvi con il casco dello IEO

All’Istituto Europeo per l’Oncologia fondato da Umberto Veronesi, si sta sperimentando l’uso di un casco salva capelli sulle donne in chemioterapia. Su 30 pazienti, i risultati sono stati visibili e incoraggianti nell’%85 dei casi.
Il caschetto si usa prima, durante e dopo la chemioterapia e sfrutta l’azione del freddo capace di diminuire la perfusione del sangue e il metabolismo fino a limitare l’attività distruttiva dei chemioterapici in zone localizzate come il cuoio capelluto o, meglio, i bulbi piliferi.

 

Usare il freddo per frenare la caduta dei capelli dovuta alle terapie oncologiche è un’idea che risale agli anni ’60, ma solo oggi si hanno risultati soddisfacenti. Tra le pazienti trattate c’è chi, infatti, ha conservato intatta la propria capigliatura. Un traguardo che predispone le donne ad affrontare la chemioterapia con uno spirito più fiducioso.

 

È necessario non alimentare false speranze e sottolineare che il casco chemioterapico salva capelli non è consigliato a tutte le pazienti, ma solo a quelle donne in trattamento oncologico che prevedono una terapia con farmaci idonei all’uso del casco protettivo. Paolo Veronesi, direttore della Senologia Chirurgica dell’IEO, dichiara infatti che “il successo è legato alla tipologia di chemioterapia seguita, alla dose, al tempo di infusione e, come per tutte le cure, alla caratteristiche individuali della persona. Dopo il primo gruppo pilota, continueremo a studiare questo strumento per perfezionarne ed estenderne al massimo l’utilizzo.” A oggi, l’Italia è l’unico paese a sperimentare il casco salva capelli.

 

Ricordiamo che presso l’Istituto Europeo per l’Oncologica, dal 2013 c’è uno spazio dedicato al benessere oncologico e all’APEO – Associazione Professionale di Estetica Oncologica – in cui estetiste specializzate si prendono cura dell’aspetto estetico di pazienti oncologici con trattamenti di bellezza e benessere che danno alle donne in terapia l’occasione per ricaricarsi, dimenticare di essere paziente e tornare persona.


1 commento

  1. claudia 46 ha detto:

    soluzione che sarebbe davvero interessante e utile al fine di risolvere questo problema senza intaccare ulteriormente l’organismo. Io usavo le fibre di cheratina della Toppik che però vanno bene fino a che il diradamento non è eccessivo


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