Ogni anno in Italia circa 20.000 bambini e ragazzi di età compresa tra 0-18 anni scopre di avere il diabete di tipo 1, un numero raddoppiato negli ultimi cinque anni.
Per curare la malattia diabetica in modo efficace è necessario agire in tempi rapidi e riconoscere subito i sintomi del diabete di tipo 1. A questa esigenza risponde SIEDP – Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica – che promuove una campagna di informazione nazionale rivolta a genitori, insegnanti e pediatri per intervenire tempestivamente ed evitare complicanze come la chetoacidosi.
Quali sono i sintomi del diabete di tipi 1? Il diabete infantile si presenta quando le cellule del pancreas smettono di funzionare correttamente causando il calo di produzione di insulina e un aumento del livello di glucosio che passa dal sangue alle urine. È una condizione che si manifesta con abbondante pipì del bambino e tanta sete, difficile da placare. In presenza di questi sintomi, bisogna subito recarsi dal pediatra o al pronto soccorso per evitare la chetoacidosi.
Cos’è la chetoacidosi? È una delle complicanze del diabete infantili di tipo 1, tanto grave da provocare lesioni cerebrali responsabili di un complesso quadro clinico e della morte del bambino. La chetoacidosi si riconosce da sonnolenza, cefalea, respiro rumoroso, alito maleodorante. Da qui all’edema cerebrale il passo è breve.
Linee guida della SIDEP
Oltre alla propria casa, la scuola e gli studi pediatrici sono i luoghi in cui educatori e medici sono in diretto contatto con i bambini e le loro problematiche di salute. Per questo è importante che insegnanti e medici sappiano bene come agire in presenza di bambini con i sintomi di diabete di tipo 1.
SIDEP è in prima linea in questo obiettivo, e a partire dai primi mesi del 2016 diffonderà in migliaia di scuole e studi pediatrici italiani la guida su come riconoscere e intervenire in presenza dei sintomi della malattia diabetica infantile.
Intervenire entro le prime 2 ore dalla manifestazione dei sintomi può essere vitale. La dottoressa Ivana Rabbone, Responsabile Gruppo di Studio sul Diabete SIEDP, medico pediatra diabetologo presso la Struttura Semplice Dipartimentale di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica Ospedale Regina Margherita, Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, afferma che:
“Sono fondamentali le prime 2 ore: si inizia con la somministrazione di soluzione fisiologia (acqua e sali) che permette di far fronte alla disidratazione che colpisce il bambino e porta a una riduzione della glicemia. Dopo le prime 2 ore di reidratazione è necessario iniziare la terapia insulinica per via endovenosa ma non prima di 1.5 – 2 ore dall’inizio dell’idratazione stessa. La velocità e il volume dell’infusione dipendono dallo stato circolatorio: solo in caso di shock sono permessi volumi maggiori, ma sempre per brevi periodi perché la somministrazione troppo prolungata di liquidi è un possibile fattore di rischio per l’edema cerebrale. Viene sconsigliato, nel corso della terapia, l’impiego di bicarbonato in quanto è stato riscontrato l’insorgere di gravi complicanze, come appunto lesioni cerebrali, dopo il suo utilizzo”.
Su ABCsalute.it ci siamo occupati più volte del diabete infantile e delle complicanze connesse a questa malattia, ma abbiamo anche parlato delle nuove possibilità di gestione e cura del diabete di tipo 1 grazie alle innovazioni tecnologiche. Per saperne di più, consigliamo la lettura dell’intervista in tre parti al Dott. Andrea Scaramuzza, Responsabile del Servizio di Diabetologia, Malattie del Metabolismo e Nutrizione presso la Clinica Pediatrica dell’Università degli Studi di Milano, Ospedale “Luigi Sacco”.