I farmaci generici – o equivalenti – sono i preferiti dai pazienti perché costano meno e si presume abbiano la stessa efficacia. Se è davvero così, allora, dov’è la differenza tra il medicinale di marca e quello “anonimo”, quali iter percorrono per l’approvazione e quali sono gli eventuali rischi e i diritti dei pazienti?
L’articolo che segue affronta queste tematiche prendendo spunto dalle dichiarazioni di medici esperti che si sono espressi sull’argomento: il Prof. Luca Gallelli – Professore di Farmacologia Clinica presso l’Università di Catanzaro, il Prof F. Vittorio Costa – specialista in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare e Hypertension Specialist della Società Europea dell’Ipertensione, e il Prof. Francesco Scaglione, Professore di Farmacologia presso l’Università degli Studi di Milano.
Partiamo dalla definizione di farmaco di brand e farmaco generico. Quello di marca è il farmaco di riferimento che, una volta registrato, ha una durata di brevetto pari a 20 anni. Un arco di tempo che comprende: la fase preclinica di sperimentazione, le fasi cliniche di sperimentazione e la successiva commercializzazione. Durante le fasi sperimentali vengono coinvolti circa 350 pazienti, e l’insieme di tutte queste attività comporta una spesa che in genere varia dai 500/1000 milioni di euro. Il costo finale del farmaco di marca, dunque, è giustificato dall’iter di sperimentazione clinica e dalle successive strategie di commercializzazione.
Il farmaco generico può essere prodotto da qualsiasi altra azienda farmaceutica alla scadenza della durata brevettuale del farmaco di brand. Conforme al decreto legge del 1996, il farmaco generico deve avere la stessa formulazione del farmaco brand di riferimento, le stesse indicazioni e una simile bioequivalenza. Quello che cambia è la concentrazione di principio attivo e la bioequivalenza: ci può essere una differenza di +5% o -5% del principio attivo tra farmaco generico e di brand, e del +20% o -20% nella bioequivalenza tra farmaco brand e generico. L’assenza di sperimentazione, di dati clinici sull’effettiva efficacia e di costi di commercializzazione abbassa il prezzo del farmaco generico che è più economico rispetto a quello di marca.
Secondo il Prof F. Vittorio Costa, questa differenza regolata dal decreto legislativo, parte dal presupposto che, avendo lo stesso principio attivo in uguali quantità, il medicinale di marca e quello generico abbiano la stessa efficacia. In realtà, la letteratura scientifica ha registrato casi in cui l’uso di farmaci generici ha abbassato l’efficacia terapeutica.
Ma è vero o no che i due tipi di farmaci – di marca e non – sono interscambiabili? È una domanda di difficile risposta perché, a differenza di quelli di marca, per i farmaci generici manca l’obbligo di testare e segnalare l’efficacia clinica. Significa che il medico non sa quale, tra i generici, sia il farmaco più vicino a quello di marca. L’unico modo che ha per verificarlo è testarlo direttamente sul paziente e scoprire, per esempio, che quel dato medicinale è “off label”, cioè non indicato per quel paziente.
A questa criticità si collega un altro dubbio: se tutti i farmaci generici sono equivalenti all’originale, allora è possibile scambiarli tra loro? Tecnicamente sì, ma dal punto di vista terapeutico si potrebbe verificare il fenomeno di biocreep. Il Prof. Scaglione, infatti, spiega che “la quantità di principio attivo del farmaco generico presente nel sangue deve essere simile a quella del farmaco di marca, potendo variare del +20% o -20%. Questa situazione non garantisce che due o più generici dello stesso originatore siano tra loro bioequivalenti, per cui la sostituibilità potrebbe avvenire tra originatore e generico ma non tra generico e generico.”
Un problema, questo, che si potrebbe risolvere indicando la bioequivalenza sul bugiardino del medicinale generico. Ma la bioequivalenza non è un parametro fisso caratterizzante, ma regolatorio, utilizzato cioè dalle agenzie regolatorie nazionali per approvare il farmaco. Ancora una volta è il medico che ha il dovere di valutare l’efficacia del farmaco e stabilire il prodotto migliore per la cura del paziente.
Arriviamo ai diritti del paziente. L’Avvocato Iadecola spiega che il farmacista è obbligato a dare al paziente il farmaco di marca indicato sulla prescrizione medica se, sulla stessa, il medico ha apposto la clausola di non sostituibilità del farmaco. In caso contrario, cioè se la clausola manca, il farmacista deve informare il paziente dell’esistenza del farmaco generico, quindi più economico, e valutare gli eventuali rischi di sostituzione. Sarà il paziente a decidere se seguire le indicazioni del medico o del farmacista. Al diritto di salute del paziente si affianca quello della privacy che si scontra con quanto detto prima: per poter stimare al meglio la possibilità di dare un farmaco generico al posto di quello di marca, il farmacista dovrebbe conoscere tutta la storia clinica del paziente. Ma è obbligato a rispettarne la privacy e deciderà in base a informazioni generiche.
In conclusione: farmaco di marca o farmaco generico? La scelta non deve essere arbitraria, specie in caso di patologie croniche, ma va affidata al medico che è informato sulla storia clinica del paziente, sa riconoscere gli eventuali rischi di un farmaco generico e valutarli in base al singolo caso.
Fonti e video di approfondimento:
Prof. Gallelli: la differenza tra farmaco generico e farmaco brand
Differenze di efficacia tra farmaci generici e farmaci brand
Prof. Scaglione: definizione di Biocreep