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Farmacovigilanza: come si stabilisce la sicurezza dei farmaci?

Farmacovigilanza
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La farmacovigilanza è essenziale per assicurare ai pazienti l’assunzione di medicinali efficaci nel processo terapeutico. Per saperne di più, abbiamo approfondito questo delicato tema insieme al Prof. Luca Gallelli, docente di Farmacologia Clinica presso l’Università di Catanzaro.
Innanzitutto chiariamo come si determina la qualità di un farmaco.

 

La qualità dei farmaci è la condizione necessaria per avere l’efficacia clinica e la tollerabilità, due presupposti che dipendono dal ruolo svolto dal principio attivo e dagli eccipienti. Grazie agli eccipienti, infatti, il principio attivo è protetto dalle variazioni climatiche, ha un sapore mai troppo sgradevole, ha una ridotta contaminazione microbica ed ha un basso rischio di precipitazioni (stabilizzanti).

 

La qualità di un farmaco è data dal rispetto delle Norme di buona fabbricazione che assicurano al principio attivo la corretta funzione farmacologica, e agli eccipienti l’azione diretta su alcune attività del farmaco. Le Norme di buona fabbricazione sono regolamentate dalla legge comunitaria e ad essa deve attenersi chi produce il farmaco, a partire dalla scelta delle materie prime fino al confezionamento e commercializzazione del prodotto finito. La qualità del medicinale è tutelata dalla farmacovigilanza, un’azione di ferreo controllo che accerta il rispetto dei canoni qualitativi imposti dalla legge europea.
La farmacovigilanza prevede l’ispezione dei siti di produzione di medicinali e delle materie prime ed è condotta:

– dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) se la richiesta di Autorizzazione di Immissione in Commercio (AIC) da parte della ditta viene presentata all’AIFA per un medicinale destinato al solo mercato italiano;
– dai vari paesi membri dell’Unione Europea, Italia inclusa, se viene seguita la procedura di mutuo riconoscimento o decentrata.

 

Perché i farmaci branded sono più sicuri? Tutti i farmaci, branded o generici, sono sicuri perché hanno avuto l’AIC dall’AIFA. È bene però sottolineare che ci sono almeno due sostanziali differenze tra il medicinale di marca e quello generico:

  1. sono sottoposti a studi di tossicità (studi preclinici) e di sicurezza (studi clinici) per valutare il rischio di eventi avversi nella popolazione, e il nuovo farmaco è commercializzato solo se la molecola dimostra di avere un buon rapporto rischio/beneficio rispetto al placebo o al gold standard di riferimento, ossia il miglior farmaco impiegato per quella patologia.
  2. la differenza di prezzo, e di questo abbiamo già parlato a proposito del perché il farmaco branded è più costoso di quello generico.

 

In relazione alla differenza di prezzo, c’è un altro dubbio che spesso assale i pazienti: è sicuro passare da un farmaco branded ad uno generico durante la terapia? In prima istanza direi subito che si tratta di un cambiamento delicato e da valutare con estrema cautela insieme al medico curante che prescrive il medicinale, perché è necessario tenere conto di almeno due aspetti:

  1. Sicurezza. Prima di effettuare lo switch bisogna valutare attentamente le condizioni cliniche del paziente e il farmaco da prescrivere. Infatti, le differenze nella biodisponibilità o negli eccipienti potrebbero non aver alcun significato in alcuni pazienti, mentre al contrario potrebbero essere importanti per farmaci a basso indice terapeutico (es. immunosoppressori, antiaritmici, antiepilettici) o in pazienti con intolleranza agli eccipienti.
  2. Aderenza. È una delle cause di mancato controllo clinico nei pazienti in terapia. Per tale motivo, potrebbe accadere che la variazione del colore della scatola o del tipo di confezione possa indurre ad una ridotta assunzione del farmaco da parte dei pazienti o addirittura ad un errore di somministrazione.

 

In conclusione, possiamo dunque affermare che la farmacovigilanza assicura la presenza sul mercato di farmaci efficaci e sicuri – sia di brand che generici – e che il medico ha il compito di valutare le esigenze e le peculiarità del singolo paziente per poter stabilire la terapia farmacologica più adatta al caso.

 

Fonte Prof. Luca Gallelli, docente di Farmacologia Clinica presso l’Università di Catanzaro.


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