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I disturbi mentali negli anziani – Intervista al Dott. Angelo Oliva

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Intervista al Dott. Angelo Oliva, Direttore di Psicogeriatria presso la Casa di Cura Le Betulle. Intervista a cura di Media health care

 

Secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 15% degli adulti over 60 soffre di un disturbo mentale o neurologico e i disturbi neuropsichiatrici in questa fascia di popolazione rappresentano il 6,6% del totale delle disabilità.

 

L’invecchiamento porta con sé la più elevata concentrazione di problematiche di salute dell’intero ciclo di vita, accompagnate da un deterioramento delle capacità cognitive e funzionali e da disabilità nelle attività quotidiane. Molti degli eventi che accompagnano l’età avanzata possono alterare la qualità di vita e possono compromettere lo stato di salute mentale, innescando a volte la comparsa di sintomi neurologici o psichici.

 

Quali sono e come si manifestano i disturbi mentali negli anziani?

Lo abbiamo chiesto al Dott. Angelo Oliva, Direttore di Psicogeriatria presso la Casa di Cura Le Betulle di Appiano Gentile e specializzato in Disturbi d’Ansia e dell’Umore, Disturbi della Personalità e Disturbi Psico-Neurologici della Terza età.

 

Dott. Oliva, qual è il principale disturbo psichiatrico di cui soffrono gli anziani?
Anziano chi? Questo è il primo dilemma: vale una classifica per classe d’età? Di fatto, le statistiche evidenziano due picchi nella curva che rappresenta la distribuzione in Italia, e nel mondo occidentale, della depressione del tono dell’umore: la cuspide più elevata oltre a quella riferita nei dintorni dei 20 anni è proprio collocata verso l’età del pensionamento.
Quindi è senz’altro il disturbo dell’umore con le annesse conseguenze sintomatiche e comportamentali la sofferenza psichica più frequente almeno sulla soglia dei primi anni dell’età “matura”.

 

Quante persone ne soffrono in Italia?
Le caratteristiche di questa malattia, spesso sottostimata sia per naturale ritrosia della persona ”matura” a parlare di sé e delle proprie difficoltà emotive, sia per una qual sorta di atteggiamento fatalistico circa la “logica” del sentirsi stanchi, svuotati, inutili perché si è “andati avanti con gli anni”, fanno si che molto spesso, almeno in fase iniziale, ci sia poca attenzione a prendere seriamente questa sofferenza che è vera patologia anche pericolosamente grave nelle conseguenze ma ben curabile se individuata. Si tratta di qualche milione di persone.

 

Quali sono i sintomi iniziali del disturbo?
La persona adulta, e ancor di più quella matura, spesso non sono abituate a indagare il proprio mondo interiore, a coglierne e a interpretarne richieste e segnali di sofferenza. È più frequente raccogliere dal paziente lamentele circa il mal funzionamento del sé corporeo: sono stanco troppo presto verso sera, non ho voglia di alzarmi al mattino, non ce la faccio a portare i nipotini a scuola, ho nausea, non esco più, l’intestino mi fa disperare, non ho voglia di vedere un film, sto sul divano a far nulla, me la prendo per nulla, ho paura non so di cosa, ho perso peso, forse ho un tumore, il cuore ha delle fitte: non avrò un infarto?

 

Il corteo dei sintomi che raccontano un cambiamento del tono abituale dell’umore è vastissimo e spesso induce ad attivare ricerche diagnostiche cliniche complesse, costose e che inducono pericolosi rimandi all’inizio di una vera terapia antidepressiva efficace e risolutiva. È evidente che il metodo attuale per prestare aiuto al paziente è quello di un lavoro in équipe da parte dei medici per raggiungere una diagnosi corretta usando al meglio più “punti di vista clinici”.

 

A quale età si manifestano i primi sintomi?
Non c’è un’età specifica per la sofferenza del tono dell’umore. Spesso è una malattia indotta da accadimenti sottilmente stressanti e ripetuti in tempi lunghi che hanno lasciato la loro impronta indelebile nel tempo, come la perdita o la separazione da persone care, la perdita di un ruolo sociale gratificante, la presenza di una malattia allarmante e che si prolunga nel tempo.

 

Quale disturbo è il più complicato da curare e da gestire?
Se il disturbo dell’umore è il problema psichiatrico di maggior riscontro nell’età che avanza è anche necessario tenere presente il possibile emergere di altre patologie tra cui quelle legate al decadimento del cervello per malfunzionamenti biologici: progressive difficoltà di rifornimento di ossigeno e nutrienti a causa di arteriosclerosi delle arterie, micro coaguli, vasospasmi da ipertensione arteriosa, anomalie anatomiche o malformazioni di alcuni territori, dismetabolismi delle cellule neurozonali (Alzheimer, Parkinson) o presenze di tumori, possono indurre una vasta gamma di sintomi che, soprattutto in fase iniziale, possono essere confusi con disturbi dell’umore.

 

Anche in queste evenienze, e in ogni caso di norma negli anziani con sintomatologie complesse, il lavoro diagnostico e terapeutico prestato da una équipe affiatata, come quella nella quale lavoro presso La Casa di Cura Le Betulle, produce risultati clinici ottimali.
Inoltre, in associazione a sintomi da decadimento mentale è possibile verificare la contemporanea presenza di segnali di depressione dell’umore, spesso conseguenti a una autodiagnosi che il paziente ha fatto con comprensibile allarme.

 

Esistono fattori geografici e/o socio-culturali correlati ai disturbi psicogeriatrici?
Fattori protettivi ambientali per le patologie del tono dell’umore sono una corretta alimentazione e attività fisica, intensità luminosa dell’ambiente di vita e il non uso di sostanze neurotossiche come alcool, droghe. ecc.
Sul piano sociale è molto vantaggioso condurre una vita non isolata: sentirsi parte del tessuto sociale, poter manifestare le proprie competenze e percepirsi un valore.
In questo senso la società dovrebbe organizzarsi in modo accogliente e valorizzare ogni classe d’età con grande vantaggio sulle ricadute in termini di costi umani ed economici per l’intera collettività.

 

I disturbi psichiatrici negli anziani spesso sono associati a comorbilità, come le affronta la vostra struttura?
In nessun altra fase della vita è possibile la coesistenza di così tanti e diversi problemi psico-fisici all’interno della medesima persona. Questa coesistenza di fattori patologici che talvolta si incrementano a vicenda richiede competenza e capacità di indagini diagnostiche e messa in atto di strategie terapeutiche adeguate.
Ancora una volta risulta evidente la necessità di utilizzare una metodologia evoluta espressa da una équipe sanitaria coordinata da un regista che sappia valorizzare il “peso” delle varie problematiche diagnostiche messe in luce con una saggia sintesi tra bisogni talvolta discordanti tra loro, inventando un intelligente compromesso terapeutico che non sia né tristemente rinunciatario né privilegiante un “organo” rispetto all’interesse globale della persona e alla qualità della sua vita.


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