Drain Brain è il nome di uno degli esperimenti che l’astronauta Samantha Cristoforetti sta conducendo nello spazio per capire come funziona, in assenza di gravità, la circolazione sanguigna nel nostro corpo e nel cervello in particolare.
Sappiamo molto sulle attività fisiologiche dell’organismo umano, molto ma non tutto, per questo medici e ricercatori sono sempre impegnati a studiare come funzioniamo. Per esempio, sappiamo per certo che la gravità regola e influenza il comportamento naturale di organi e apparati, ma cosa succede in assenza di gravità? Quale impatto avrebbero sul corpo le diverse condizioni ambientali? Le scoperte ci farebbero capire come affrontare una patologia o prevenire un disturbo? Queste sono alcune delle domande alla base degli esperimenti medici che l’astronauta Samantha Cristoforetti sta svolgendo in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Drain Brain: capire la circolazione sanguigna
Tra le missioni di Astrosamantha c’è il Drain Brain, un insieme di esperimenti per capire nel dettaglio le caratteristiche della circolazione sanguigna in particolare nel cervello. Come varia la pressione venosa? Sulla Terra, la pressione sanguigna nelle vene è molto bassa anche perché ci sono fattori che la influenzano, come il respiro, i muscoli involontari e la forza di gravità. Nello spazio tali cause si annullano, dunque l’assenza di gravità è la condizione ideale per osservare la pressione venosa pura, per così dire. Capire come funziona il circolo venoso intracranico aiuterà a spiegare l’origine di alcuni disturbi tipici degli astronauti come le vertigini e il mal di testa, inoltre, sapere cosa succede nelle vene durante la circolazione sanguigna potrebbe darci informazioni utili per capire la fisiologia del circolo venoso e proteggere la salute cardiovascolare.
A questo si affianca la necessità di studiare il ritmo endogeno della pressione venosa, cioè se e come la circolazione sanguigna delle vene si modifica alla fine di un periodo di attività e di uno di riposo. Riuscirci servirà a conoscere il ritmo “free running”, quello libero dai condizionamenti ambientali e fisici della Terra, indispensabile per sapere che cosa accade in situazioni patologiche.
L’astronauta Cristoforetti non è sola nella missione Drain Brain, a lavorare con lei al progetto ci sono il Prof. Paolo Zamboni del Centro Malattie Vascolari dell’Università degli Studi di Ferrara, e il cronobiologo Roberto Manfredini sempre dell’Università di Ferrara.
Sul sito dell’Asi – Agenzia Spaziale italiana – ci sono i dettagli della missione Drain Brain che dimostrano quanto gli esperimenti nello spazio possano essere preziosi, se non indispensabili, per trovare nuove cure, in questo caso per pazienti affetti da malattie neurodegenerative.
Info e approfondimenti: Nasa, Corriere.it