La Shaken baby Syndrome, letteralmente la Sindrome del bambino scosso, interessa 3 bambini ogni 100.000 sotto i 12 mesi, è un rischio che si conosce poco e di cui genitori, nonni e baby sitter sono inconsapevoli.
Per capire cos’è la Sindrome del bambino scosso è necessario ricordare che i neonati comunicano esclusivamente attraverso il pianto, sta ai genitori e agli altri adulti che se ne occupano capire il perché. I motivi possono essere tanti: fame, sonno, caldo, freddo, dolore, voglia di coccole. Nei primi mesi di vita, il pianto del neonato può mettere a dura prova la pazienza dei neogenitori che, esasperati dalla mancanza di sonno e dalla difficoltà di capire di bambino, possono reagire scuotendo il neonato in modo veloce e violento per placarne il pianto. Una reazione in apparenza innocua che, in realtà, può provocare danni invisibili a occhio nudo e rilevabili attraverso una risonanza magnetica. Tra questi ricordiamo i danni neurologici temporanei o permanenti, come paralisi e cecità, che richiedono un lungo periodo di riabilitazione alla fine del quale non è detto che si ristabilisca una condizione di salute totale del bambino. Gli effetti immediati dell’AHT sono vomito, convulsioni, inappetenza, difficoltà a deglutire e suggere, arresto cardiocircolatorio fino alla morte.
Una lista di conseguenze inimmaginabili per gli adulti che accudiscono un neonato ignari dei rischi a cui espongono il bambino scuotendolo con forza, e che si verificano perché, a pochi mesi di vita, alcuni organi sono ancora in formazione, dunque molto fragili e vulnerabili, e la testa pesa più del corpo e tanto che i muscoli del collo non riescono a reggerla, ancor meno se il neonato è scosso all’improvviso.
Per evitare la Sindrome del bambino scosso e tutti i gravi effetti che ne conseguono la SIN – Società Nazionale di Neonatologia – in collaborazione con Terre des Homme, ha avviato una campagna di comunicazione con materiale informativo presente nei reparti italiani di neonatologia e rivolta agli adulti che accudiscono un neonato.