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Medicina Narrativa: una nuova disciplina a supporto della medicina tradizionale

Medicina narrativa, Vera Puoti
“La Conversazione – Uno, Nessuno e Centomila”. Vera Puoti, 2008.






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A cura della redazione di H.story

 

Si sente spesso parlare di Medicina Narrativa e dell’importanza della narrazione in ambito di cura. Ma che cosa s’intende, esattamente, con “Medicina Narrativa”?
Al giorno d’oggi, la medicina è protagonista di una straordinaria evoluzione nella ricerca scientifica-tecnologica, grazie a cui vengono scoperte costantemente nuove tecniche e protocolli per aiutare i malati. Tuttavia, le innovazioni scientifiche non sono sempre sufficienti a garantire la cura e la guarigione del paziente. Questa medicina tradizionale, chiamata “medicina basata sull’evidenza”, formula diagnosi a partire dai sintomi che il paziente manifesta, ma non tiene conto di quegli aspetti emotivi che caratterizzano la persona e che influiscono, più o meno direttamente, sullo stato della malattia.

 

La Medicina Narrativa (o “Narrative Based Medicine”, termine coniato dalla sua fondatrice americana, Rita Charon) nasce proprio con il tentativo di colmare la mancanza della Medicina Basata sull’Evidenza di prendere in considerazione gli aspetti più personali della persona malata. Si rivolge sia al paziente che al personale medico, le due figure in relazione nel processo di cura.
La medicina è ormai onnipresente nella nostra vita quotidiana, e tutti abbiamo ormai familiarità con le strutture del sistema sanitario. Tuttavia, anche a causa della concezione aziendale sempre più adottata dalle strutture ospedaliere, il rapporto tra medico e paziente sta andando affievolendosi e raffreddandosi. Il paziente viene visto più come un insieme di dati oggettivi e non come un individuo unico, con bisogni e necessità.

 

In questo senso, la Medicina Narrativa si avvicina, filosoficamente parlando, agli approcci olistici tipici delle medicine non convenzionali, che a fronte di una classificazione rigida delle malattie, propongono una soggettivizzazione del paziente, visto in tutta la sua complessità e unicità.
L’espressione del paziente e la raccolta delle storie di malattia offrono l’occasione di contestualizzare dati clinici e soprattutto bisogni, e permettono di leggere la propria storia con gli occhi degli altri, apportando una ricchezza e una pluralità di prospettive oggi assenti nella medicina basata sull’evidenza.
La narrativa permette al paziente di non sentirsi più isolato, ma al centro della struttura, e questo offre a sua volta agli operatori ospedalieri la possibilità di avere una visione più completa dei problemi del malato. La narrazione della patologia del paziente verso il medico viene quindi considerata al pari dei segni e dei sintomi clinici della malattia stessa.

 

Comunicare empaticamente il proprio stato di malattia aiuta inoltre il paziente a:
– prendere decisioni con più consapevolezza, portandolo a riflettere sulla situazione;
– relazionarsi con gli altri;
– esprimere stati d’animo e disagi;
– condividere testimonianze che potranno essere utili ad altri medici o pazienti.

 

È importante sottolineare che la Medicina Narrativa non intende contrapporsi alla medicina tradizionale basata sull’evidenza, ma essere uno strumento di supporto ad essa. L’obiettivo di questa disciplina, e di chi la applica, è la sua integrazione nel processo di cura tradizionale, in modo da poter aiutare i soggetti coinvolti nel processo di guarigione.
Per questo motivo, è fondamentale che le nuove figure mediche capiscano l’importanza dello studio e dello sviluppo delle loro capacità comunicative ed empatiche.
Non si tratta, infatti, di capacità innate, ma di strumenti che possono essere appresi e interiorizzati. La Medicina Narrativa va oltre la valutazione della qualità delle cure sentita dal paziente (soddisfazione/insoddisfazione): mira a ridefinire la pratica clinica nel suo complesso, aprendosi alle nuove scienze sociologiche e antropologiche.

Raccogliere e portare alla luce un’esperienza personale non è facile: richiede tempi appropriati, riflessioni adeguate e una formazione specifica. La persona che racconta la propria storia deve essere guidata, affinché il suo racconto possa diventare risorsa preziosa e condivisibile per gli altri e, ovviamente, per la persona stessa in primo luogo.


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