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Partorire in Italia è sicuro. La Dott.ssa Stefania Piloni spiega perché in questa intervista

Ginecologa Dott.ssa Stefania Piloni
Ginecologa Dott.ssa Stefania Piloni






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Nelle scorse settimane una successione di drammatici eventi ha portano alla morte di cinque donne in gravidanza. I fatti di cronaca, ancora oggetto di indagine, hanno avuto un’eco tale da generare paura e preoccupazione tra le donne italiane in dolce attesa.
Partorire in Italia è sicuro? Quali sono i nostri standard di sicurezza per la donna e il bambino, e quali le condizioni che possono portare a un decesso in sala parto? Per saperne di più, abbiamo intervistato la ginecologa Dott.ssa Stefania Piloni.
 

 

Dott.ssa Piloni, partorire in Italia è sicuro? Perché?

Partorire in Italia è sicuro, perché i piccoli centri di ostetricia sono stati quasi tutti chiusi a favore di poli ostetrici più grandi in cui è possibile garantire la presenza di strumentazioni e professionisti necessari alla buona riuscita del parto, anche in situazioni di emergenza.

 

Un polo ostetrico è completo e sicuro se presenta 4 elementi:

  1. Guardia ginecologica notturna. Una sala parto presidiata giorno e notte da medici ginecologi, e purtroppo assente in molti poli ginecologici, specie in passato.
  2. Anestesisti presenti in ospedale. In caso di taglio cesareo d’emergenza non bisogna perdere tempo aspettando l’arrivo dell’anestesista reperibile, per questo è giusto che sia già presente nella struttura, così come deve esserlo il ginecologo.
  3. Neonatologo e reparto di neonatologia. È necessario avere, per esempio, culle termiche e tutto ciò che occorre per assicurare il primo livello di assistenza neonatologica anche ai bambini nati pretermine.
  4. Ostetrica. Non è un medico ma una figura professionale fondamentale perché adeguatamente formata a seguire la donna specie nella fase precedente il parto. È una professionista basilare perché svolge un ruolo di raccordo tra la donna in gravidanza e noi ginecologi: ci informa sulle condizioni della donna e sulla presenza di eventuali situazioni critiche assicurando un pronto intervento ginecologico.

 

Se sono presenti questi quattro elementi, la donna è in un ambiente assolutamente sicuro per partorire perché risponde a standard di sicurezza presenti di certo in grandi città come Roma, Milano e Bologna, ma anche in altri centri cittadini. Diverso può essere il caso di paesi di montagna: qui i centri ostetrici erano così piccoli e poco attrezzati che non presentavano tutti i requisiti di sicurezza per la donna e il bambino, dunque sono stati via via chiusi, eccetto in alcuni casi come i poli ostetrici in zone isolate o in valli difficili da raggiungere o lontane dai grandi centri cittadini.

 

La presenza di anestesista, neonatologo e ostetrica è una garanzia anche per il ginecologo che ha la certezza di poter intervenire con prontezza anche in situazioni di emergenza e dunque, se necessario, può eseguire un taglio cesareo d’urgenza o togliere un utero.

 

Ci sono casi in cui è fondamentale agire in tempi molto brevi per scongiurare le condizioni che potrebbero portare a conseguenze irreparabili come è purtroppo avvenuto nei fatti di cronaca delle scorse settimane con il decesso della donna durante il parto. Perché l’intervento d’urgenza sia possibile, è necessario che il ginecologo operi in un ambiente ben attrezzato per un pronto intervento ginecologico completo, e che possa contare su anestesista, neonatologo e ostetrica.

 

In Italia, quali sono gli standard di sicurezza e le tutele sanitarie per la donna e il bambino?

In Italia abbiamo una buona tutela delle donne anche in termini di astensione dal lavoro nel caso di complicanze durante la gestazione, come la minaccia d’aborto. Già una maternità regolare, priva di rischio, è ben tutelata perché la donna ha diritto a 5 mesi di astensione dal lavoro a cui possono seguire i mesi per l’allattamento. Su questo aspetto, siamo meno all’avanguardia rispetto ad altri paesi Europei ma lo siamo molto più in confronto all’America dove le donne sono molto poco tutelate durante la maternità.

 

Quali sono i criteri di valutazione che la donna deve tener presente nel momento in cui sceglie il proprio ginecologo e la struttura in cui partorire?

La scelta del ginecologo è soprattutto empatica, emotiva, naturale. Spesso la donna ha un ginecologo di fiducia: quella ginecologica è una visita medica molto intima, non a caso molte donne hanno come proprio medico una ginecologa e non un ginecologo, e se sin dall’adolescenza si è trovata a proprio agio mantiene lo stesso medico nel corso degli anni.

 

Alla fase empatica deve seguirne una razionale, e la donna deve chiedersi se il ginecologo lavora in una struttura ospedaliera attrezzata per il parto. Per esempio: un ginecologo che lavora in consultorio può seguire la gravidanza ma poi non potrà esserci in sala parto. Dunque, se non si vuole cambiare il proprio ginecologo che lavora in consultorio, gli si può chiedere di indicarci un collega che lavora in un ospedale attrezzato con tutti i requisiti e le figure professionali di cui abbiamo parlato.

 

Un altro buon criterio di scelta è prediligere un ginecologo disponibile a rispondere a tutte le domande della donna che durante la gravidanza possono essere davvero tante, sull’alimentazione, la diagnosi prenatale, il vaccino antinfluenzale, ecc.

 

Nonostante i recenti fatti di cronaca, si sente di rassicurare le donne che partoriranno in Italia?

Assolutamente sì: 50 parti all’anno sono quelli che purtroppo portano alla perdita della donna e/o del bambino, quando si parla di morti ogni numero è alto ma in questo caso è anche un numero “normale”. L’Italia è un paese sicuro in cui partorire.
 
Detto ciò, è innegabile la serie di coincidenze drammatiche che hanno suscitato grande cordoglio anche tra noi medici ginecologi al pensiero delle famiglie straziate e dei bambini mancati insieme alle loro mamme. Noi ginecologi siamo preparati a fronteggiare situazioni problematiche: sappiamo bene che la sala parto è un reparto d’urgenza, e come in tutti i reparti di pronto soccorso e d’urgenza sappiamo che potrebbe esserci la mamma che non riusciremo a salvare, il bambino che non potremo far nascere. È un accadimento sempre più raro, ma noi ginecologi siamo consapevoli dell’eventualità di situazioni così tanto critiche, di complicanze acute che non è possibile fronteggiare.
 
Si sta ancora facendo chiarezza su ciò che è avvenuto nelle recenti morti per parto, non sappiamo se ci sia o meno la responsabilità medica, ma posso affermare che ci sono circostanze e situazioni cliniche così complesse che noi medici possiamo fare ben poco, pur potendo contare sulla presenza di tutti gli standard di sicurezza e dei professionisti che assistono la donna in sala parto.
 

Dopo le donne morte per la gravidanza e il parto, ha notato un diverso atteggiamento delle sue pazienti e, in genere, delle gestanti che in questi giorni si sono rivolte a lei?

Ho notato un crescente timore: arrivano in studio donne che hanno paura di morire per un raffreddore, per l’influenza. Questo dà l’idea concreta di quanto sia alto il livello di preoccupazione tra le donne in gravidanza o vicine al parto.

È bene chiarire quali sono le vere complicanze che potrebbero costituire fattori di rischio per la gravidanza e la vita di donna e bambino, non influenza e raffreddore ma condizioni ben più serie.
 
Le complicanze davvero pericolose soprattutto durante l’ultimo trimestre di gravidanza sono 3:

  1. Infezioni. A 36 settimane, nell’ultimo mese di gravidanza, il ginecologo esegue il tampone vaginale per verificare la presenza di infezioni, in particolare dello steptococco beta emolitico, responsabile di parto prematuro, un’infezione alla placenta e al bambino, come ciò che è capitato a una delle donne morte in gravidanza. I ginecologi hanno più strumenti per indagare la presenza di un’infezione: oltre al tampone è possibile fare un esame del sangue per valutare la Ves e la Pcr, entrambi indici di infezione generalizzata.

La cistite o altre piccole infezioni non rappresentano un rischio per la donna e il feto, l’influenza in sé non è pericolosa, ma febbre molto alta, dolore al torace che fa pensare alla polmonite o dolore riconducibile a un’infezione al rene (nefrite) possono rappresentare problemi da affrontare con una ospedalizzazione della donna. Solo in questi casi e in presenza di infezioni serie è necessario che il medico intervenga con antibiotici ad ampio spettro e medicalizzazione in gravidanza.

  1. Tromboembolia. Alcune donne, senza saperlo, hanno delle malattie ematologie per cui il sangue si aggrega troppo facilmente, fluisce con difficoltà e questo costituisce un rischio di trombi in gravidanza.

Per scongiurare il pericolo, il ginecologo chiede uno screening accurato comprendente anche un test dell’emocromo che mostra come si aggregano le piastrine, come agisce il fibrinogeno – aggregante delle piastrine – e qual è il livello di didimero, un valore che mostra se e quanto la donna è esposta al rischio di tromboembolia. Avendo il quadro clinico completo, il ginecologo sa valutare il grado di pericolosità di una gravidanza e adottare tutte le tutele del caso. Ci sono situazioni cliniche in cui ciò non è possibile e portano a un esito drammatico, sia per la mamma che per il bambino, come è stato per una delle donne morte per gravidanza.

  1. Emorragia. Può accadere che donne con un parto normale poi perdano moltissimo sangue perché hanno un utero con incapacità di contrazione. In questi casi il ginecologo deve intervenire con il raschiamento, e se questo non basta a fermare il sanguinamento è necessario togliere l’utero con un intervento di isterectomia. Ciò spiega perché il ginecologo deve poter operare in una sala attrezzata per ogni emergenza di pronto soccorso ginecologico.
  2. Dott.ssa Piloni, può indicare quali sono le linee guida che una donna in gravidanza dovrebbe seguire?

Sono essenzialmente due: controllo del peso e della pressione.

Non si dovrebbe aumentare troppo di peso, l’ideale sarebbe prendere 1kg al mese o al massimo 10-12kg in totale nel corso della gravidanza.
Quanto alla pressione, la massima deve rimanere sotto i 135/140, e la minima sotto gli 85/90. La pressione non deve salire oltre questi parametri altrimenti è probabile che si verifichi una delle tre complicanze più pericolose per la gestazione.
 
Il ginecologo è responsabile della salute della donna durante i 9 mesi di gravidanza e della buona riuscita del parto, ma il controllo di peso e pressione sono una diretta responsabilità della donna che, informata sui corretti valori da tenere, deve riferire al ginecologo ogni anomalia.
 
Per richiedere maggiori informazioni o fissare una visita ginecologica, è possibile contattare la Dott.ssa Stefania Piloni ai recapiti indicati nel suo spazio su ABCsalute.it.


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