Phubbing è un neologismo dato dall’unione di due parole: phone e snubbing. Letteralmente si può tradurre ignorare gli altri per dedicarsi al telefono, un fenomeno presente ormai da anni e che non accenna ad arrestarsi grazie anche a tablet e altri dispositivi elettronici che convivono con lo smartphone.
Come si comporta chi è affetto da phubbing? Situazioni piacevoli come una cena tra amici o una serata di coppia possono trasformarsi in occasioni di scontro e malessere se l’altra persona è così attenta a controllare le notifiche dei social network, le e-mail e le chat su WhatsApp da ignorare del tutto il partner o l’amico lì presente in carne e ossa.
Questo atteggiamento è considerato normale perché molto diffuso, eppure ci sono personali campanelli d’allarme che devono mettere in guardia dall’accettazione sociale del phubbing. Essere incapaci di mettere da parte lo smartphone o il tablet è sintomo di una forte dipendenza da internet, al punto da sentirsi soli, imbarazzati e ansiosi se non è possibile controllare compulsivamente i social network e qualsiasi altro sito online.
Le conseguenze del phubbing sono chiare per chi ne è affetto ma anche per chi lo subisce: frustrazione, insoddisfazione, malessere sono solo alcuni dei disagi manifestati da chi ha un partner vittima di phubbing. Il che spiega la frequenza di litigi e separazioni, specie tra gli adolescenti.
Perché è difficile dire basta al phubbing? Perché è una dipendenza, e come tale richiede la consapevolezza delle conseguenze negative tra i rapporti di coppia e sociali, e in alcuni casi anche quello di uno psicologo. D’altra parte, anche la vittima indiretta del phubbing fatica a interrompere il circolo vizioso di negatività: il senso di esclusione porta a isolarsi o a trovare consolazione su internet.
Un articolo scritto da James Roberts e Meredith David e pubblicato su Computers in Human Behavior testimonia fino a che punto si possa arrivare a trascurare qualsiasi situazione sociale per dedicarsi al proprio telefono.