Dal 5 all’11 ottobre, la settimana europea della dislessia 2015 propone una serie di eventi per guardare e ascoltare il mondo con gli occhi e le orecchie di un dislessico.
La dislessia è una condizione neurobiologica che si manifesta con difficoltà di comprensione e apprendimento sia dei testi scritti sia delle produzioni orali.
Mentre è possibile diagnosticare in età prescolare i problemi con il linguaggio orale, per la dislessia bisogna aspettare gli 8 anni: è necessario saper riconoscere subito i sintomi del disturbo perché la diagnosi precoce offre maggiori possibilità di interventi efficaci.
Dislessia e pregiudizi
Le persone dislessiche spesso vivono con difficoltà gli anni scolastici, perché l’incapacità di comprendere e apprendere come gli altri bambini non dislessici li pone in una condizione di diversità, e per questo sono oggetto di scherno e allontanamento.
Definire poco intelligente una persona dislessica è del tutto sbagliato, oltre che pericoloso, eppure è quel che accade. La principale causa di questa errata convinzione è la mancata conoscenza della dislessia.
Il disturbo dislessico, spesso associato anche alla discalculia, pone in una oggettiva difficoltà la persona che ne soffre, ma il cervello del dislessico è capace di rielaborare le informazioni verbali e scritte adottando una sorta di “piano B”.
Lo ha dimostrato uno studio pubblicato sulla rivista Developmental Neuropsychology, condotto dai ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Unità di Psicopatologia dello Sviluppo dell’IRCCS Eugenio Medea, e che ha visto protagonisti 48 bambini tra gli 8 e i 12 anni: 16 con una diagnosi di sola dislessia evolutiva, 16 affetti sia da dislessia sia da disturbo del linguaggio e 16 senza problemi di dislessia o di linguaggio.
Grazie alla tecnica non invasiva dei potenziali evento-correlati, per la prima volta in Italia sono state studiate le risposte elettriche celebrali durante l’ascolto di frasi che in alcuni casi contenevano errori di accordo soggetto-verbo (es. “i bambini parla”). Lo studio ha mostrato che i bambini con dislessia evolutiva e senza alcun pregresso problema di linguaggio hanno anche difficoltà a elaborare il linguaggio verbale, ma dal monitoraggio dell’attività cerebrale durante l’esperimento è emerso anche come i partecipanti con dislessia hanno avuto risposte elettriche cerebrali anomale che evidenziano l’utilizzo di strategie cognitive qualitativamente differenti per comprendere il linguaggio orale. In altre parole: il cervello delle persone dislessiche utilizza un piano B per comprendere meglio i discorsi e le parole.
Cosa si può fare per i bambini dislessici?
I bambini dislessici rischiano di essere isolati dai compagni di classe e questo, in molti casi, influenza le scelte future, per esempio è un motivo di abbandono scolastico. Per evitare questo, si possono intraprendere due azioni:
- Adottare gli strumenti già esistenti che aiutano la comprensione di testi scritti e orali. Come il sintetizzatore vocale o i testi con maggiore spaziatura tra le righe e le parole;
- Organizzare incontri tra esperti di dislessia e genitori, insegnanti e altre figure educative e affettive del bambino dislessico: spiegare le caratteristiche della dislessia e capire le difficoltà del bambino, è il modo migliore per aiutarlo a vincere l’isolamento e liberarsi dell’idea di essere poco intelligente.
La settimana europea della dislessia 2015 dal 5 all’11 ottobre ha l’obiettivo di sensibilizzare e diffondere più informazioni su questa condizione neurobiologica con cui convivono circa 700 milioni di persone nel mondo.
Per approfondimenti: Dyslexia international, Quotidiano sanità.