Sì, avete letto bene il titolo: un avanzamento di carriera abbassa i livelli si soddisfazione a lungo termine e fa aumentare stress e stanchezza. È quanto emerge da uno studio dell’Istituto del lavoro di Bonn che ha pubblicato i risultati di indagine sul campo condotta da due ricercatori australiani, David Johnston e Wang-Sheng Lee.
I due studiosi hanno monitorato e intervistato oltre mille persone, prima e dopo una promozione, e il risultato della ricerca è sorprendente: non solo chi accetta delle cariche aziendali di rilievo se ne pente dopo appena pochi mesi, ma la maggior parte dei lavoratori rifiuta la posizione di leadership preferendo quella più dimessa e tranquilla di semplice sottoposto.
Perché si dice no alla carriera? I motivi sono diversi, e tutti di natura psicologica, prima ancora che fisica. Innanzitutto il cambio di posizione lavorativa comporta un adattamento a nuovi ritmi e mansioni non sempre facili da gestire subito al meglio; non bisogna inoltre dimenticare che con la promozione aumentano le responsabilità, e dunque l’impegno richiesto per lo svolgimento di un lavoro. E se per qualcuno le sfide sono una costante motivazione per dare il meglio di sé, per molti altri rappresentano un carico di stress troppo difficile da sopportare, senza contare le ripercussioni, anche gravi, che ansia, affaticamento e stress possono avere sulla salute fisica.
Da qui deriva l’insoddisfazione dopo appena 9 mesi dalla promozione – stando ai risultati della ricerca, la percezione di essersi lasciate alle spalle delle situazioni migliori e più gestibili, la consapevolezza che essere capo è bello ma, almeno ai nostri giorni, non è detto che si possa godere dei privilegi da sempre riconosciuti a un dirigente aziendale.
Il messaggio di questa ricerca è chiaro: se c’è la possibilità di fare un avanzamento di carriera, è meglio pensarci prima e accettare con serenità i propri limiti. Capo non si nasce, si diventa, e non tutti possono riuscirci.
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