A cura del Dott. Francesco Candeloro.
Sono sempre più numerose le persone che soffrono di un’intolleranza alimentare senza saperlo e, per questo, senza fare nulla per affrontarle. In questo articolo illustrerò i sintomi più diffusi e riconoscibili delle comuni intolleranze alimentari.
Intolleranza al grano. Le persone intolleranti al grano soffrono non a causa del glutine – la proteina contenuta nel grano – e che è alla base del morbo celiaco, ma perché sono intolleranti a tutte le componenti del cereale. Oltre ai comuni disturbi digestivi, come senso di gonfiore e difficoltà digestiva, l’intolleranza ai prodotti del grano può comportare l’insorgenza di eruzioni cutanee, improvvise variazioni di peso e ritenzione idrosalina. Cibi a rischio di provocare questi sintomi, se consumati in eccesso, sono il pane e i prodotti da forno, i dolci, la birra, la pizza, la carne e le verdure impanate, nonché alcune bevande alcoliche come whisky e gin.
Intolleranza a latte e latticini. Può essere di due tipi: l’intolleranza al lattosio, di cui ho parlato in un precedente articolo, e l’intolleranza alle proteine del latte, più frequente nei bambini. Meteorismo e dolori addominali di tipo colitico sono i sintomi più frequenti di intolleranza a latte e derivati per i quali, però, oltre al latte vaccino, si consiglia di evitare anche il latte di capra, di pecora e di bufala.
Intolleranza a lieviti di birra o di pane. Usati per consentire ai prodotti a base di farina di inglobare aria e diventare più soffici, spesso i lieviti sono mal sopportati dall’intestino, che va così incontro a turbe delle funzioni intestinali e, altre volte, anche ad eruzioni cutanee. Oltre ai prodotti lievitati, in questi casi è bene escludere per un po’ dalla dieta i formaggi fermentati, i funghi e la birra.
Intolleranza alle uova. Può essere scatenata sia solo da una parte dell’uovo che dall’alimento intero. È spesso causa di disturbi digestivi e manifestazioni cutanee, dermatiti ed eczemi, o delle mucose, come afte e disturbi respiratori.
Intolleranza a noci, nocciole, arachidi e soia. A livello intestinale, questi alimenti possono rilasciare sostanze oleose in grado di irritare l’intestino e provocare fenomeni di malassorbimento o il rilascio di istamina, con sintomi in parte digestivi e altre volte cutanei, come le dermatiti.
Se i test per le allergie – test cutanei o Skin test, e test sul sangue o Rast test – sono ampiamente validati e utilizzati, molto meno standardizzati e affidabili appaiono i test per le intolleranze alimentari: Dria test e Vega test, solo per citare i più conosciuti. Il modo migliore per diagnosticarle è rappresentato da una dieta di eliminazione, che consiste nel mangiare solo alcuni cibi alla volta variandoli ogni 3-4 gg, e ripetendo l’intero ciclo per 2-3 volte, in modo da riuscire a collegare i sintomi ai cibi a cui si è effettivamente intolleranti.
Una volta individuati i cibi che provocano il disturbo, occorre eliminarli dalla dieta per un certo periodo di tempo, anche più mesi, e poi reintrodurli lentamente per verificare che lo stato di intolleranza sia effettivamente migliorato o addirittura del tutto regredito. Utile nel miglioramento dei sintomi, particolarmente perché in grado di migliorare le difese immunitarie, sarà il contemporaneo utilizzo dei probiotici comprendenti il Lactobacillus acidophilus e il Bifidobacterium bifidum, nonché associare una terapia antistaminica in tutti quei casi di accertata allergia a un cibo o a una sostanza alimentare.
Inoltre, il terapeuta più attento non mancherà di constatare che molti cibi in grado di causare intolleranze sono gli stessi che si sconsiglia di assumere durante episodi di infezioni da candida.
La Candida Albicans è un microscopico fungo presente in molte sedi dell’organismo umano, che in condizioni ottimali siamo in grado di tenere a bada grazie all’azione dei probiotici citati sopra, che ne limitano crescita e proliferazione. Tuttavia, quando questi si riducono in numero ed efficacia, la candida diventa più aggressiva formando strutture allungate – rizoidi – che gli consentono di aderire e penetrare mucose e membrane, arrivando a disseminarsi in tutto l’organismo, oppure a svilupparsi tipicamente in alcune aree del corpo: il mughetto nella cavità orale; vulvovaginiti negli organi genitali femminili e balanopostiti in quelli maschili; turbe dell’alvo e disturbi digestivi nell’apparato gastrointestinale. Non mancano anche localizzazioni cutanee in corrispondenza delle pieghe: arrossamenti, prurito ed eczemi.
Oltre ad affezioni gravi del sistema immunitario, a determinare uno squilibrio organico favorente a sua volta la virulentazione della candida, sono spesso il consumo eccessivo o ripetuto di antibiotici che alterano la flora batterica, ed elevati livelli in circolo di zucchero – del quale il germe si nutre – tipico dei soggetti diabetici, e in generale di tutti coloro che mostrano una ridotta tolleranza al glucosio. Non a caso, e in analogia con le intolleranze alimentari, tutti coloro che sono soggetti a forme recidivanti di candidosi sono istruiti sulla necessità di eliminare per un po’ alcuni alimenti, come gli zuccheri dei cereali più raffinati, di latte e latticini, e anche della frutta, gli alimenti lievitati, alcuni formaggi contenenti muffe, la frutta secca, le arachidi e le bevande alcoliche fermentate. In definitiva, quindi, una dieta volta ad eliminare le manifestazioni cliniche legate a una candidosi, si caratterizza per l’esclusione della maggior parte di quei cibi a cui più comunemente si risulta intolleranti, e quindi può aiutare contemporaneamente a gestire entrambi i problemi.
Per approfondimenti e maggiori informazioni, contatta l’omeopata Dott. Francesco Canderolo.
Sono molto arrabbiata per come la medicina occidentale tratta le intolleranze…. grazie per il vostro lavoro. Ho scritto la mia esperienza in questo articolo del blog: http://www.elenaferro.it/wordpress/siamo-intolleranti-al-glutine-mica-visionari/
Per me l’approccio deve essere complessivo!