Lo schianto dell’airbus 320 della Germanwings è una di quelle tragedie di cui si continua a parlare a distanza di tempo per analizzare nel dettaglio le cause del disastro aereo. Al centro delle indagini è il copilota tedesco Andreas Lubitz che aveva concluso un percorso psicoterapeutico prima di ottenere la licenza di volo.
È difficile stabile quanto un disagio psichico abbia influito sulla condotta del copilota, ed è azzardato attribuire con certezza cause psichiche alla tragedia aerea: a differenza delle malattie prettamente fisiche, quelle della sfera psicologica non hanno precisi parametri numerici e misurazioni oggettive su cui basarsi anche a posteriori per delineare una diagnosi assolutamente certa. Gli specialisti in psicologia e psicoterapia, però, esprimono il proprio punto di vista sulla vicenda e, di giorno in giorno, l’attenzione è focalizzata su nuovi particolari che fanno emergere un quadro sempre un po’ più preciso della psicologia di Andreas Lubitz.
Depressione e istinto suicida. Oppure paranoia
La depressione è la causa dell’istinto suicida che ha provocato la morte di 149 persone oltre al copilota. Questa è la tesi condivisa a partire dalle prime ore dopo lo schianto dell’airbus 320, ma c’è chi ritiene che si tratti di paranoia e non di depressione. A sostenerlo è il Dott. Antonio Picano, dirigente psichiatra dell’Ospedale San Camillo di Roma, presidente di Strade Onlus e fondatore del progetto Rebecca Blues.
Secondo il Dott. Picano il termine depressione non è applicabile al copilota Lubitz ma l’espressione più adatta è paranoia.
Quali sono i segnali che permettono di distinguere la depressione dalla paranoia? In questo caso, la sciagura è stata il frutto di un piano premeditato e ben ragionato e non di un impulso improvviso, e la pianificazione anche di un evento così grave è propria di una persona intelligente, preparata eppure assalita da ossessioni paranoiche tali da mettere in atto un piano di distruzione molto elaborato, costruito e complesso dal punto di vista intellettivo.
Il Dott. Picano sottolinea che la paranoia è una malattia psichica grave che non si manifesta con segnali riconoscibili come la tristezza prolungata e la tendenza all’isolamento propri della depressione. La paranoia è difficile da riconoscere e diagnosticare.
Controlli medici per i piloti
Quale che sia il disturbo scatenante la tragedia, depressione o paranoia, adesso ci si domanda quali sistemi di prevenzioni adottare per stabilire l’equilibrio psicologico e psichiatrico dei piloti. Una soluzione esposta anche in un articolo pubblicato su Jama Psichiatry sembrerebbe essere una PET, la tomografia a positroni capace di rilevare un’aumentata attività dei recettori serotoninergici 1A a livello del rafe dorsale del tronco encefalico e della corteccia prefrontale, un attendibile indice di ideazione suicidaria con rischio di imminente tentativo di mettere in atto l’estrema decisione.
A questo si aggiunge il rispetto di un protocollo medico di sicurezza per diventare piloti nel trasporto aereo commerciale. È necessario ottenere una certificazione di idoneità psicofisica rilasciata dopo una visita medica approfondita i presso centri autorizzati, nel caso italiano dall’Enac, l’autorità nazionale della sicurezza per l’aviazione civile. È un controllo a cui i piloti devono sottoporsi una volta all’anno prima dei 60 anni di età e ogni 6 mesi a partire dai 60 anni di età. A questo punto la domanda è se la regola è rispettata e se sia necessario intensificare i controlli medici per prevenire altre tragedie.
Fonti e approfondimenti: Controlli medici e psichici dei piloti, sistema da rivedere, Una PET per tutti i piloti, efficace nella prevenzione dei suicidi
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