19/12/1979 - Albo Provinciale dei Medici Chirurghi di Pisa (Provincia di Pisa) n. 01879
1979 /2 - Medicina e Chirurgia (Pisa)
Scritto da
Prof. Dr Francesco Lippi
Pubblicato il
27/03/2013
La tiroidite è un'infiammazione della tiroide.
Vi sono diverse forme, tra cui:
1) tiroidite acuta (purulenta),
2) tiroidite subacuta, detta anche "Tiroidite di De Quervain"
3) tiroidite lignea, detta anche Tiroidite di Riedel
4) Tiroidite cronica linfoticitaria autoimmune
Rappresenta sicuramente la forma più frequente delle tiroiditi e la sua patogenesi è autoimmune.
Il processo autoimmune inizierebbe con l'attivazione dei linfociti CD4 positivi o helper, linfociti T specifici per gli antigeni tiroidei.
Le ipotesi di origine della malattia autoimmune sono quella genetica (esistono famiglie con tiroidite autoimmune) e l’origine virale o batterica con conseguente modificazione dell’antigene tiroideo (Tg e TPO).
E’ una malattia organo-specifica, caratterizzata morfologicamente da una cronica infiltrazione linfocitaria e da possibile evoluzione verso l’ ipotiroidismo.
Spesso la malattia è paucisintomatica in quanto si manifesta esclusivamente con livelli circolanti del TSH superiori alla norma (anche di poco) e con valori di ormoni tiroidei liberi circolanti nella norma.
La positività degli autoanticorpi circolanti, anti-tireoperossidasi (anti-TPO) e anti-tireoglobulina (anti-TG), sottende la patogenesi autoimmune e, al tempo stesso, ha un fondamentale significato diagnostico. Vi sono comunque delle tiroiditi autoimmuni senza evidenza di auto-anticorpi circolanti (tiroiditi sieronegative) ma evidenti esclusivamente alla ecografia (struttura disomogenea e ipoecogena) e al power doppler (ricca vascolarizzazione). I meccanismi del danno d’organo sono complessi e comprendono la partecipazione dell’immunità umorale e di quella cellulo-mediata.
La tiroidite cronica linfocitaria autoimmune è la forma più comune di tiroidite e la sua prevalenza è nettamente superiore nel sesso femminile.
Qualora si prendano in considerazione anche le forme asintomatiche, definite dall’esclusiva positività anticorpale con valori di ormoni tiroidei liberi e del TSH circolanti nella norma, esse sembrano costituire in assoluto la più frequente tireopatia, soprattutto se si considerano le aree non iodio-carenti.
La definizione generale di tiroidite cronica linfocitaria autoimmune comprende le seguenti varianti morfologiche e cliniche:
1. tiroidite di Hashimoto propriamente detta, caratterizzata da gozzo diffuso con o senza ipotiroidismo;
2. tiroidite autoimmune asintomatica ad impronta atrofica, definita dalla positività autoanticorpale, in assenza di gozzo o di franco ipotiroidismo;
3. mixedema idiopatico , che si manifesta con ipotiroidismo conclamato, in assenza di gozzo, con anticorpi che possono essere anche negativi.
Considerando le tiroiditi autoimmuni nel loro insieme, si può dire che il quadro obiettivo-sintomatologico è assai variabile nei singoli soggetti, dall’assoluta asintomaticità, alla presenza di gozzo di variabili dimensioni, con o senza ipotiroidismo.
Gozzo
Il gozzo è generalmente di piccole-medie dimensioni, diffuso, di consistenza aumentata o francamente duro, talora con aree pseudonodulari. La crescita della ghiandola avviene in modo lento e subdolo, è indolente e non provoca alcun disturbo soggettivo. La presenza di uno o più nodi, identificabili ecograficamente, può richiedere approfondimento citologico.
Evoluzione della malattia
L’evoluzione nel senso di ipotiroidismo è imprevedibile nel singolo soggetto, poiché può manifestarsi in qualsiasi fase della malattia: talora rappresenta la manifestazione di esordio, ma più frequentemente compare in pazienti con positività anticorpale nota da anni. In molti casi, la comparsa di segni e sintomi conclamati di ipofunzione segue una fase di ipotiroidismo subclinico, che è definito dall’elevazione isolata del TSH, con normalità degli ormoni tiroidei, in pazienti del tutto asintomatici o paucisintomatici.
In generale, è stato stimato che i pazienti con anticorpi positivi vadano incontro ad ipotiroidismo conclamato con una frequenza del 2-4% all’anno.
Raramente si possono osservare fasi transitorie di ipertiroidismo, legate a rapida progressione del danno parenchimale con dismissione di ormone preformato o a fasi di ipersecrezione mediate da anticorpi stimolanti il TSH (cosiddetta Hashitossicosi). In questi casi non è consigliato iniziare un trattamento con antitiroidei di sintesi ma solo in caso di tachicardia si può somministrare un beta-bloccante. L’evoluzione della Hasitoxicosis (generalemente transitoria) può essere sia verso il ripristino della normale funzione tiroidea sia verso l’ipotiroidismo.
Del tutto eccezionale è la presenza di oftalmopatia (o malattia oculare) autoimmune.
Diagnosi
La diagnosi si avvale, oltre agli elementi anamnestico-obiettivi, del dosaggio degli anticorpi antitiroide circolanti, in particolare degli anti-TPO, che risultano positivi in oltre il 90% dei casi. Utile supporto viene fornito dall’ecografia, che dimostra un’ecostruttura diffusamente ipoecogena, disomogenea, con margini irregolari e polilobulati e dal power doppler della tiroide che dimostra in genere un aumento della vascolarizzazione intraparnchimale.
Trattamento
In presenza di normali livelli di ormoni tiroidei liberi e del TSH circolante non si esegue alcuna terapia.
In casi di ipotiroidismo lieve (valori di TSH circolante superiori alla norma) e normali livelli di ormoni tiroidei liberi nella norma si consiglia di iniziare terapia con ormone tiroideo sintetico a basso dosaggio fino al ripristino del normale livello del TSH circolante.
In caso di ipotiroidismo conclamato, il trattamento universalmente riconosciuto prevede la somministrazione di L-tiroxina a dosaggio sostitutivo, tale da riportare il TSH nei limiti di normalità. La posologia di L-tiroxina è calibrata individualmente.
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