29/11/1984 - Medicina e Chirurgia (Roma)
27/06/1985 - Albo Provinciale dei Medici Chirurghi di Roma (Ordine della Provincia di Roma) n.36084
15/07/1988 - Oftalmologia
1985 /1 - Medicina e Chirurgia (Roma)
Scritto da
Prof. Dr Andrea Cusumano
Pubblicato il
18/05/2011
La Corioretinopatia. Noi abbiamo una malattia molto importante che si chiama corioretinopatia sierosa centrale.
Perché questo nome? perché interessa la struttura corio capillare e cioè un tessuto vascolare presente al di sotto della retina e che la irrora; sierosa perché dà luogo ad un'essudazione, a un distacco cosiddetto sieroso del neuroepitelio retinico; centrale perché interessa la parte centrale dell'occhio, della retina e della macula.
Una patologia oftalmica frequente. La corioretinopatia sierosa centrale sierosa è un malattia molto più diffusa nei soggetti che 50 anni fa si definivano "pazienti con personalità di tipo A".
C'è stato infatti un momento storico in cui si parlava di questo tipo di paziente la cui definizione oggi non è più considerata corretta ma, per semplicità, si può dire che si tratti di quegli individui stressati, fortemente motivati nel lavoro, che quindi molto spesso presentano patologie legate a queste condizioni psicologiche. Infatti alcuni fattori, legati a questo stato emotivamente critico, si liberano durante lo stress e vanno a colpire l'epitelio pigmentato retinico che diventa non più un organo sensibile ma solo cellula sensibile a questi fattori che lo decompensano.
L'epitelio pigmentato retinico. A seguito di questa decompensazione la funzione che aveva l'epitelio pigmentato retinico nell'ambito della retina, in quanto parte integrante anche se a lei esterna, la funzione cioè di trasporto attivo e passivo di molecole acquose, per mantenere adeguata l'irrorazione corneale, si interrompe; quindi questa sorta di azione di pompa di sentina dell'epitelio pigmentato viene a mancare.
A questo punto la retina improvvisamente si rigonfia di liquidi per la mancata funzionalità dell'epitelio pigmentato che faceva da zona tampone come meccanismo di entra-esci dei liquidi.
Questo provoca nel paziente una distorsione molto marcata delle immagini e l'impressione di vedere come attraverso una maschera sott'acqua che ha preso acqua; la persistenza della malattia può portare a un danno permanente della visione centrale.
Gli esiti della Corioretinopatia centrale sierosa. Per questi pazienti oggi abbiamo visto e sappiamo che sono presenti due eventualità.
In una buona percentuale dei casi il paziente può guarire autonomamente e cioè la malattia dopo due o tre mesi regredisce spontaneamente.
In un altrettanto consistente percentuale dei casi la malattia si cronicizza. Nel tempo ancora una volta la separazione tra loro degli strati retinici, rispetto a quella che era la loro iniziale compattezza e una struttura ben organizzata, provoca uno scadimento permanente della visione.
Fino ad oggi non avevamo nulla di sostanziale per questa condizione deficitaria, salvo farmaci ipotonizzanti con molecole che in parte contribuivano, ma solo per un breve momento, a ridurre questa condizione di distacco sieroso dell'epitelio pigmentato.
Non si trattava quindi di una vera soluzione perché in ogni caso questi farmaci non potevano essere assunti per lungo tempo perché avevano delle conseguenze di carattere sistemico.
La Verteporfirina. Esiste una terapia che già si conosceva ma i cui dati, è necessario sottolineare, sono emersi in maniera prepotente solo negli ultimi mesi: la terapia "fotodinamica a bassa fluenza".
La terapia fotodinamica consiste nell'iniettare una sostanza che si chiama Verteporfirina nel torrente circolatorio attraverso la vena cubitale del braccio.
Una volta che questa sostanza, dopo alcuni minuti, ha permeato da una parte i vasi patologici ma molto probabilmente anche l'epitelio pigmentato stesso, con meccanismi non del tutto noti, il paziente viene irradiato con un laser che eccita la Verteporfirina la quale, fa chiudere i vasi coroidali e stabilizza i legami intercellulari delle cellule epiteliali.
Il risultato è che un paziente che ha una malattia ormai cronicizzata da uno o due anni, nel giro di una settimana può risolvere completamente e permanentemente la sua patologia.
Si può quindi affermare a ragione che si è fatto quindi un salto enorme per questo tipo di malattia che è molto più comune di quanto non si pensi mentre non ha avuto l'attenzione informativa che merita né presso i pazienti né presso gli operatori sanitari oculisti compresi.
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