MELANOMA DELLA COROIDE
La diagnosi di melanoma coroideale è essenzialmente clinica.
La diagnosi differenziale con le altre lesioni pigmentate uveali (nevo, melanocitoma, ipertrofia dell’epitelio pigmentato retinico, emorragia coroideale, neovascolarizzazione, eccetera) si basa sulla valutazione oftalmoscopica da parte di un oftalmologo esperto.
Come esami accessori possono essere utilizzati l’angiografia a fluorescenza e/o con verde indocianina e l’ecografia oculare A/B scan.
Le diagnosi differenziali più impegnative riguardano i tumori amelanotici (nevi, emangiomi, metastasi, osteomi) e quei casi in cui non è possibile visualizzare la lesione a causa dei mezzi diottrici non trasparenti (lecomi corneali, cataratta, emovitreo, distacco di retina). In tutti questi casi è raccomandabile l’uso di metodiche sofisticate quali tomografia computerizzata, risonanza magnetica nucleare, radioimmuno-scintigrafia o tomografia ad emissione di positroni. La storia naturale della malattia, documentata in qualche caso dalla letteratura, è invariabilmente caratterizzata dallo sviluppo di metastasi a distanza.
Le sedi preferenziali sono il fegato (92% dei casi), il polmone (31%), lo scheletro (23%), la cute (17%) ed il sistema nervoso centrale (4%). Il tempo di comparsa dei secondarismi è estremamente variabile (da 2 mesi a 30 anni); solitamente la loro comparsa porta al decesso entro un anno.
Istologicamente si distinguono 3 varianti: a cellule fusate (2 sottogruppi (A con nuclei allungati con nucleolo e incisura longitudinale da invaginazione della membrana nucleare e tipo B con nuclei rotondeggiante e nucleolo evidente eosinofilo), a cellule epitelioidi (cellule poligonali con nucleo grande e con nucleolo evidente eosinofilo e citoplasma abbondante) e un tipo a cellule miste. Da un punto di vista terapeutico si consiglia l’enucleazione dell’occhio, la radioterapia e in casi selezionati la fotocoagulazione e la termoterapia transpupillare (aumento della temperatura all’interno del tumore con un laser a diodi). Nei tumori di medie dimensioni è stata proposta la brachiterapia con placche episclerali allo Iodio 125 o rutenio 106 con risultati simili all’enucleazione del globo oculare e la terapia protonica con fotoni o elio. Nel melanoma di grandi dimensioni è consigliabile l’enucleazione del globo oculare, talvolta viene eseguita radioterapia, ma spesso la visione è compromessa e il successivo dolore porta spesso all’intervento successivo di enucleazione.
Le metastasi più frequenti sono al fegato e talora anche al rene, ovaio, polmone ad altri organi con scarso interessamento dei distretti linfonodali. Nel caso di metastatizzazione la terapia non è dissimile da quella del melanoma metastatico cutaneo con chemioterapia, vaccini e immunoterapia. Sembra che la fotoemustina sia più efficace nel melanoma metastatico della coroide e sono stati proposti trattamenti con perfusione epatica intra-artreriosa.
TRATTAMENTO
Oggi un trattamento di tipo conservativo è indicato nella maggior parte dei melanomi: in genere non è necessario asportare chirurgicamente l’occhio. I piccoli melanomi pigmentati possono essere trattati con la termoterapia transpupillare (TTT), metodica di recente introduzione che - attraverso un laser a diodi - determina un aumento di temperatura entro il tumore, provocandone la morte (necrosi non coagulativa). Questa tecnica può essere impiegata anche per melanomi di maggiori dimensioni o localizzati in sede juxtapapillare qualora venga associata alla radioterapia con placche episclerali (terapia sandwich). La radioterapia con placche radioattive (brachiterapia) rappresenta attualmente il trattamento radiante più diffusamente utilizzato. La placca, precedentemente caricata con iodio 125 o rutenio 106, viene messa a contatto col bulbo oculare: le sue emissioni possono 'uccidere' il tumore (viene suturata alla sclera in corrispondenza della base del tumore e lasciata in sede per il tempo necessario all’emissione della dose richiesta, in genere 4-7 giorni).
Le modalità di esecuzione variano dalla fotocoagulazione transpupillare diretta con alte potenze, alla metodica Low Energy-High Exposure introdotta allo scopo di aumentare la profondità della necrosi. Il fascio di luce laser viene utilizzato per via transpupillare anche nella terapia fotodinamica e nella termoterapia. La sopravvivenza dei pazienti dopo questo tipo di trattamento appare sovrapponibile a quella ottenuta con le metodiche più demolitive.
La resezione chirurgica locale del tumore, introdotta da Foulds, comporta l'asportazione del tumore dall'esterno. E' una tecnica chirurgica di difficile esecuzione e limitata ai melanomi dei corpi ciliari e dell’iride. Il trattamento conservativo del melanoma uveale attualmente più utilizzato è la radioterapia. Lo scopo della radioterapia è quello di sterilizzare il tumore inibendo la capacità replicativa cellulare.
Il melanoma uveale viene considerato radioresistente e per il suo trattamento devono essere utilizzate dosi elevate di radiazioni (50-60 Gy), in genere mal tollerate dalle strutture intraoculari più radiosensibili (cristallino, nervo ottico, retina). Appare quindi indispensabile utilizzare tecniche di irradiazione che consentano di somministrare alte dosi al tumore risparmiando invece i tessuti peritumorali sani.
Impiego della Nanotecnologia per la cura del melanoma della coroide con terapia genica endovenosa
http://www.forumsalute.it/community/for ... gia_1.htmlLa mia attenzione è da tempo concentrata sugli studi sperimentali delle applicazioni della NANOTECNOLOGIA in OCULISTICA (Lenti bioniche con videocamere o tonometrie permanenti), ed ora ad una sua applicazione, che sarà una frontiera rivoluzionaria per la terapia dei tumori,attraverso la TERAPIA GENICA ENDOVENOSA,ovvero attraverso l'inoculazione endovenosa di nanorobots (vedi foto). Un nuovo progetto di ricerca europeo impiegherà tecniche d'avanguardia nel campo delle nanotecnologie per progettare nanoparticelle in grado di rilevare e di localizzare i tumori: una volta localizzato il tumore, questi nanorobot potranno inoltre attaccarlo e neutralizzarlo. Il progetto NANOTHER ("Integration of novel nanoparticle based technology for therapeutics and diagnosis of different types of cancer") è sostenuto dall'Unione europea, con un finanziamento pari a 8,5 milioni di euro, nell'ambito del settimo programma quadro.
Tutto parte dall'annuncio fatto su Nature di un gruppo di ricercatori del California Institute of Technology, in collaborazione con l'azienda californiana Calando Pharmaceuticals. Al centro della nuova strategia si trova un sistema costituito da nanoparticelle in grado di veicolare (come fossero nanorobot) piccole molecole di RNA capaci di spegnere geni coinvolti nell'insorgenza del cancro attraverso il meccanismo di silenziamento per interferenza a RNA (RNAi).
Lo studio riporta i risultati preliminari di un trial clinico di fase uno condotto su un gruppo di pazienti con differenti tumori solidi, ai quali sono stati somministrati per infusione endovenosa nanorobot con molecole di RNAi capaci di spegnere il gene ribonucleasi reduttasi, coinvolto nella crescita di diversi tipi di tumori.
Sulla carta, le nanoparticelle dovevano essere in grado di riconoscere le cellule tumorali, penetrare al loro interno e rilasciarvi la molecola "terapeutica" di RNA. E il sistema ha funzionato davvero: dopo aver prelevato campioni di tessuto tumorali da tre pazienti con melanoma, i ricercatori hanno verificato che le nanoparticelle avevano raggiunto le cellule tumorali e rilasciato il loro contenuto. Un risultato notevole, anche se è ancora presto per dire quale sia l'efficacia terapeutica del nuovo metodo: ulteriori aggiornamenti ci saranno probabilmente a giugno al congresso dell'American Society of Clinical Oncology.
Questo ovviamente apre il campo ad una possibile e forse definitivamente vincente lotta contro uno dei tumori,ed ovviamente non solo per quello,più aggressivi dell'organismo umano ovvero il MELANOMA e nella fattispecie, nel mio campo, del MELANOMA DELLA COROIDE.
Il melanoma della coroide è un tumore che si localizza nel bulbo oculare. La sua origine è dovuta a molti fattori: è necessaria l'interazione di fattori genetici ed ambientali perché si sviluppi. Sebbene non siano ancora ben conosciuti i fattori di rischio, è evidente una predisposizione della razza caucasica e un'età compresa tra i 50 e i 60 anni. I melanomi insorgono nella maggioranza dei casi ex novo, mentre in una ridotta percentuale si sviluppano a partire da una lesione di un neo oculare.
Le tecniche fino ad ora usate per combattere tale tumore,enucleazione,terapie conservative in alternativa all'enucleazione come l'osservazione periodica di piccole lesioni, trattamento laser (fotocoagulazione transpupillare diretta con alte potenze, alla metodica Low Energy-High Exposure introdotta allo scopo di aumentare la profondità della necrosi),la termoterapia, laresezione chirurgica e la radioterapia.
Sono tutte metodiche ditrettuali che però spesso non sono risolutive e non hanno, ovviamente, come target le METASTASI di tale tumore.
Le sedi preferenziali di tali metastasi sono il fegato (92% dei casi), il polmone (31%), lo scheletro (23%), la cute (17%) ed il sistema nervoso centrale (4%). Il tempo di comparsa dei secondarismi è estremamente variabile (da 2 mesi a 30 anni); solitamente la loro comparsa porta al decesso entro un anno.
La terapia genica per via endovenosa con NANOROBOTS
http://www.forumsalute.it/community/for ... gia_1.htmlpotrebbe in tal senso rivoluzionare tale spesso nefando esito di questi tumori,andando a cercare UBIQUITARIAMENTE nell'organismo le cellule tumorali metastatiche,identificandole selettivamente e distruggendole completamente.
Un caro saluto
Prof.Duilio Siravo
http://siravophthalmology.okmedicina.it/siravo@supereva.itCell.:3385710585
Autore
prof. dott. Siravo (Oculistica)
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