Gentilmente gradirei un consiglio. Ho un fratello che circa un anno fa (lui ha 36 anni) è caduto nell'anoressia. A quanto pare a seguito della rottura del legame affettivo e di altri eventi, è caduto in questa condizione. da piccolo è stato sempre obeso mentre intorno ai 25 anni a seguito di dieta si era dimagrito "il giusto", evidentemente si è portato dietro questo disagio. In appena un anno si è dimagrito a tal punto da diventare uno scheletro. Non peserà nemmeno 50kg. Ha sempre vissuto da solo, mentre da circa 7 mesi è tornato a vivere dai miei genitori. Mangia verdure e il sabato si concede una pizza. Durante la settimana invece verdure, verdure e sporadicamente poca carne e pesce. Naturalmente è irascibile, rabbioso ed è impossibile intavolare qualsivoglia discorso in merito perchè si arrabbia subito e dice che i malati siamo noi. E' ossessionato dal cibo. Ha preso l'abitudine di girare i supermercati comprando salse, salsine. A casa non fa altro che ricopiare ricette e la notte (dorme pochissimo) cucina per i miei genitori. Ho letto che questi sono gli effetti dell'anoressia. Ho provato a dirgli di andare da qualcuno anche andando insieme ma risponde sempre male. Pensando di aiutarlo l'ho portato in vacanza con me e mia moglie ma gli ho dovuto promettere che non avrei questionato per il cibo. Risultato, si comprava delle verdure che sminuzzava e ci andava avanti per giorni. Se stavamo al ristorante non ordinava mai nulla però all'occorrenza mangiava dal mio piatto e se lo lasciavo fare mangiava tutto quello che c'era. Ha fame, molta fame ma ha questo blocco.. Come possiamo affrontare questa situazione? a 36 anni non posso costringerlo ad andare da un medico. Non è più "sveglio" e reattivo come una volta. Bisogna assecondarlo o bisogna tenere un comportamento duro, intransigente? non sappiamo cosa fare..grazie per ogni eventuale consiglio..
Dott. Gianluca Franciosi
WB1214 Medico di ABCsalute.it
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Gentile Bandit,
"costringere" una persona a rivolgersi ad uno specialista non è mai cosa "produttiva" (in termini di efficacia di un eventuale trattamento). Non solo nel caso di Suo fratello ci troviamo di fronte ad una persona adulta (e nessuno può sostituirsi alla Sua capacità decisionale fintanto che essa sussista), ma qualora egli fosse costretto, non avvertendo una reale necessità, pregiudicherebbe fin dai suoi inizi l'esito di un qualsivoglia tipo di trattamento.
La proposta di accompagnamento presso uno specialista è senza alcun dubbio un ottimo tentativo che, tuttavia nel Suo caso, non ha sortito la risposta sperata.
Altra questione piuttosto delicata è la patologizzazione e con ciò mi riferisco all'individuazione -tramite internet- di una "diagnosi-fai-da-te", sulla base dell'osservazione di alcuni comportamenti (condotte alimentari di Suo fratello) e la conseguente etichettatura dello stesso quale persona affetta da disturbo alimentare. Prima di giungere ad una diagnosi è invece fondamentale rivolgersi ad un medico competente in tale ambito: solo lui (o lei) è in grado non solo di formulare una corretta diagnosi, ma anche di impostare una eventuale terapia mirata. Attribuire "da soli" una diagnosi (a sé stessi come anche ad altri) non fa altro che creare una netta divisione tra la propria condizione di "sanità" e l'altrui presunta "patologia". E a nessuno piace essere definito "malato" (aggiungere: soprattutto se tale "definizione" non proviene da un esperto).
Come muoversi quindi? Direi che l'obiettivo principale è riuscire ad ottenere una reale diagnosi da uno specialista: solamente in seguito si potrà procedere con la definizione di un percorso di "cura". Per raggiungere tale principale obiettivo è importante che la persona si senta compresa, accettata e non additata come "malato" (di qui le richieste rassicurazioni da parte di Suo fratello di non affrontare la questione cibo nelle trascorse vacanze insieme). E' innegabile che Suo fratello stia attraversando un momento di disagio e forse questo potrebbe essere il punto di partenza. Dimostrarsi attenti (ho notato il tuo disagio) e disponibili (come posso aiutarti), lasciando all'altro la scelta di affidarsi e senza proporre (più o meno insistentemente) delle soluzioni sulla base di proprie considerazioni (ti porto dallo psicologo perché sei caduto nell'anoressia).
i disturbi del comportamento alimentare sono malattie che coinvolgono 3 sfere del nostro essere: il corpo, la psiche e la condotta. Per questo l'approccio terapeutico vincente non può che essere multidisciplinare, con medici che si occuperanno del corpo, psicologi e psichiatri che si occuperanno della psiche, e dietisti che si occuperanno della condotta alimentare. Questo tipo di approccio è garantito dal Servizio Sanitario Nazionale presso i Centri di Riferimento per la terapia dei DCA, può trovarne uno vicino a lei a questo link:
Quando si affronta una DCA, affidarsi ad una terapia sbagliata o incompleta può essere negativo per i successivi interventi terapeutici, pertanto le consiglio vivamente di affrontare la questione con la serietà che merita. Ne parli con il suo Medico e si faccia fare la richiesta per acceder ad un centro suddetto.
Nel frattempo, se ha bisogno di altri chiarimenti non esiti a scrivere qui sul forum.
Dott.ssa Ornella Convertino Studio Convertino&Pellegrini
GRF002 Medico di ABCsalute.it
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Gentile Bandit, nelle sue parole leggo tutta la sua preoccupazione, i dubbi e il senso di impotenza di fronte a questa delicata situazione. I disturbi del comportamento alimentare vedono esprimere, attraverso un rapporto conflittuale e doloroso con il cibo, una serie di emozioni, paure, difficoltà relazionali e percezioni distorte di sé, che la persona, nel momento attuale, non sa o non riesce ad esprimere diversamente. Le condotte di cui lei parla sono da considerarsi importanti segnali che indicano la presenza di un forte disagio interno in suo fratello, e credo lei sia stato molto bravo a coglierli e a chiedere aiuto. Può essere utile e necessario che lei si rivolga ad uno specialista psicologo psicoterapeuta, che la aiuti a capire il motivo profondo della sofferenza di suo fratello, e a trovare la comunicazione più appropriata da utilizzare con lui. Solo in seguito, trovando suo fratello il senso e la giusta motivazione, potrà iniziare un percorso più complesso, e farsi seguire in una struttura specializzata, dove poter essere seguito dal punto di vista psicologico, emotivo, e alimentare, per riprendere uno stile di vita sereno. Accogliere il dolore di suo fratello, le sue preoccupazioni e insicurezze, mostrando attenzione a lui come persona più che a ciò che mangia, è un primo importante passo che lei, Bandit, può fare per fargli sentire la sua presenza, e quanto meriti di poter stare bene ed essere felice.
Cordiali saluti, Ornella Convertino
_________________ Dott.ssa Ornella Convertino Studio Convertino&Pellegrini
Ringrazio per le vostre risposte. c'è un grosso senso di impotenza, in quanto vista la sua età nulla può essere "imposto"... Il medico (di base) mi ha detto che se non c'è l'imput da parte di mio fratello, non si può far nulla. Noi proviamo a far finta di nulla ma è uno spegnersi lentamente.. A volte (soprattutto io) non ce la faccio a non parlargli di quanto sta vivendo e subito scatta l'aggressione verbale. E' dura...
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