Scritto da Scripta Firenze Agenzia di comunicazione
Pubblicato il 16/09/2015
Modificato il 31/08/2010
Danno esistenziale e demansionamento. Il declassamento delle mansioni lavorative del prestatore d’opera comporta evidenti riflessi sulle condizioni di vita del lavoratore.
Quindi il danno esistenziale da demansionamento, se adeguatamente accertato, prevede a buon diritto il risarcimento.
La responsabilità del datore di lavoro è di carattere contrattuale in quanto il declassamento illegittimo comporta una duplice violazione degli obblighi evidenziati dal contratto di lavoro: primo di tutti quello che deriva dall’art. 2103 c.c. nonché l’obbligo di tutelare l’integrità psico-fisica e la personalità del lavoratore, secondo quanto previsto dall’art. 2087 c.c.
Inadempimento e risarcimento. La Suprema Corte sottolinea che nell’ambito lavorativo non esiste un’equazione “inadempimento - danno risarcibile”, poiché a questo scopo è indispensabile che il lavoratore fornisca la prova dell’effettiva esistenza del danno, nelle sue varie componenti, di cui chiede il risarcimento. L’onere probatorio è particolarmente impegnativo per il lavoratore che non può solo affermare genericamente l’esistenza della dequalificazione, e chiedere il risarcimento, ma deve fornire una precisa indicazione dei danni che ritiene di aver subito.
Il danno esistenziale nel demansionamento. Poiché il bene giuridico, che rispetto al danno esistenziale si intende tutelare, è costituito dalle attività produttive della persona, ossia da tutte quelle attività, soprattutto extra-economiche, che costituiscono la quotidianità dell’individuo, e che vengono danneggiate dall’evento specifico, ne deriva che il danno esistenziale da demansionamento ha una sua peculiarità, con una sua fisionomia del tutto distinta.
La Cassazione. Le Sezioni Unite hanno rilevato che, “stante la forte valenza esistenziale del rapporto di lavoro, per cui allo scambio di prestazioni si aggiunge il diretto coinvolgimento del lavoratore come persona, per danno esistenziale si intende ogni diretto pregiudizio che l’illecito datoriale provoca sul fare non reddituale del soggetto, alterando le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, sconvolgendo la sua quotidianità e privandolo di occasioni per la espressione e la realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Pertanto il danno esistenziale nell’ambito lavorativo si fonda sulla prova della costrizione a scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l’evento dannoso.
- Enciclopedia Giuridica - Ist. della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani - Ed. 2009 - Autori e riferimenti scientifici: vedi link
Fonti:
- Enciclopedia della Medicina Italiana - UTET - Ed. 2004 - Ideatore coordinatore scientifico Prof. Luciano Vella
- Nuova Enciclopedia Medica - Edizioni Garzanti Libri - Ed. 1987 - AA.VV.
- Trattato di Medicina Legale e Scienze Affini - Editore CEDAM - Ed. 2009 - Autori: Giusti Giusto
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La prova del danno esistenziale spetta al lavoratore. Il danno esistenziale deve essere provato. La giurisprudenza ha evidenziato la…(Leggi Tutto)
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