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Traumi, calzature e terreni di gioco nel calcio moderno


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Analisi critica degli infortuni e delle lesioni da sovraccarico del piede e dei segmenti sovrastanti riportati durante la pratica del calcio sulle superfici di gioco artificiali nel calcio. 
 
Il calcio è senza dubbio lo sport più popolare e praticato nel mondo se si considera che vanta oltre duecento milioni di praticanti tra i quali quaranta milioni di sesso femminile. Parallelamente all’aumento del numero di praticanti si è assistito ad un progressivo incremento del numero di infortuni e, di conseguenza, ad una lievitazione dei costi sostenuti per le spese sanitarie.

Se si considera che una stima americana valuta il costo medio di ogni singolo infortunio all’incirca in centocinquanta dollari e l’incidenza di infortuni è di un numero che va da dieci a trentacinque su mille ore di pratica sportiva, il tutto moltiplicato per duecento milioni di praticanti equivale ad una spesa sostenuta di circa trenta miliardi di dollari per ogni anno. Il NAIRS (National Athletic Injury Registration System) definisce l’infortunio come un evento che limita l’attività sportiva almeno il giorno successivo all’insorgenza dello stesso.

L’infortunio è considerato minore se l’assenza dai terreni di gioco va da 1 a 7 giorni, moderatamente grave da 8 a 21 giorni, grave oltre i 21 giorni. È necessario distinguere, nella traumatologia sportiva, le lesioni acute, dovute ad un singolo evento traumatico in grado di creare una lesione muscolo-tendinea od osteoarticolare, da quelle croniche, legate a microtraumi ripetuti nel tempo, che eccedono la capacità di adattamento e di riparazione dei tessuti sui quali agiscono (lesioni da sovraccarico).

Dal 1999 la Commissione medica UEFA ha lanciato un progetto di ricerca per diminuire il numero di infortuni ed aumentare la sicurezza dei calciatori ricercando un metodo valido per la raccolta dei dati (Injury Reporting System) per gli studi epidemiologici sul calcio professionistico.Da questi studi sappiamo che gli infortuni sono in proporzione più frequenti durante le competizioni e che variano, anche sensibilmente, nei vari paesi europei, con l’Olanda, l’Inghilterra, la Germania e la Spagna ai primi posti, l’Italia nel mezzo ed il Portogallo, il Belgio e la Francia agli ultimi posti di un’ipotetica classifica degli infortuni.

Un autore italiano ha descritto la tipologia degli infortuni che occorrono durante una stagione in una squadra di calcio di elevato livello: le lesioni muscolari rappresentano il 30% degli infortuni, le contusioni il 28%, le distorsioni articolari il 17% e le tendinopatie il 19%.

È importante ricordare che le casistiche di infortuni riportate in letteratura risentono notevolmente della metodica mediante la quale vengono raccolti i dati. Infatti gli studi in cui vengono riportati i traumi registrati al pronto soccorso di strutture ospedaliere rischiano probabilmente di sottostimare i traumi minori che non richiedono esami diagnostici urgenti e le lesioni croniche. È opportuno, pertanto, riuscire ad uniformare le metodiche di investigazione epidemiologica, per cercare di comprendere più a fondo la genesi dei traumi sportivi e poter adeguatamente intervenire con provvedimenti preventivi.

Le lesioni dello sport possono essere sostenute da fattori cosiddetti intrinseci od individuali e fattori estrinseci od ambientali. Tra i fattori intrinseci sono da considerare l’età, il sesso, il somatotipo. Tra i fattori estrinseci devono essere valutate le condizioni ambientali, l’equipaggiamento, le metodologie di allenamento e l’ influenza che i terreni di gioco hanno sull’incidenza di patologia soprattutto degli arti inferiori (Figura 1).

In uno studio del 1985 Ferretti et al. avevano dimostrato come i terreni di gioco ed il tipo di allenamenti svolti da pallavolisti di elevato livello influenzassero in maniera significativa l’incidenza della tendinopatia dell’apparato estensore nota come “ ginocchio del saltatore o Jumper’s knee”.

In particolare la percentuale di giocatori affetti da questa patologia era molto più elevata (37,5%) se la maggior parte degli allenamenti si svolgeva su terreni di gioco molto duri come il cemento, rispetto a quelli che avevano la fortuna di giocare su terreni più elastici come il parquet (4,7%). Inoltre l’allenamento eccentrico della capacità di salto mediante pliometria, provocava una incidenza maggiore rispetto agli atleti che non utilizzavano tale metodica.Recentemente si è assistito ad un notevole incremento dell’utilizzo di terreni di gioco artificiali.

Le motivazioni che sostengono questo sviluppo possono essere riassunte in pochi concetti:
• elevata resistenza all’usura ed ai fattori ambientali

• assenza di ristagno idrico

• facilità di manutenzione

• facilità del gesto atletico


Le ultime generazioni dei terreni sintetici sono state sottoposte a numerosi studi riguardanti l’efficienza della risposta ai fattori ambientali ed all’impatto che hanno sull’atleta ed in particolare sulla “ interfaccia “ calzatura-terreno di gioco.

L’elevata affidabilità raggiunta ha consentito che non solo numerose squadre di club utilizzino i terreni artificiali per gli allenamenti ma anche che tali terreni siano impiegati in competizioni ufficiali di elevato livello. Numerose sono le domande alle quali si è tentato di dare una risposta mediante l’analisi dei lavori epidemiologici riportati in letteratura.

 


 
Terreni artificiali vs naturali

In un articolo del 2006 Ekstrand analizza il rischio d’infortunio su due differenti terreni in uno studio prospettico di due coorti. Dati significativi da segnalare sono la maggiore incidenza di lesioni muscolari dell’arto inferiore sui terreni naturali e, di contro, la maggior frequenza di traumi distorsivi della caviglia sui terreni artificiali. Una condizione ideale tale da garantire una minore incidenza di lesioni gravi sembrerebbe quella legata all'attività sportiva svolta in allenamento e su terreno naturale.

Comunque l’autore conclude che non esistono evidenze di rischio d’infortunio maggiore sui terreni artificiali ed invita a considerare con cautela il dato riguardante le distorsioni di caviglia in quanto basato su numeri scarsamente rilevanti. Meyers et al., in uno studio prospettico su incidenza, cause e gravità delle lesioni negli atleti praticanti football americano in relazione al tipo di superficie di gioco impiegata, afferma che è possibile osservare alcune differenze in relazione agli infortuni riportati.

I terreni artificiali sono responsabili di un maggior numero di traumi lievi, provocati in assenza di contrasto, di numerose abrasioni cutanee, di un maggior numero di lesioni muscolari (dato contrastante con il precedente studio), ed una maggiore incidenza di infortuni occorsi con temperature elevate. I terreni naturali hanno prodotto un numero maggiore di traumi gravi, di traumi cranici, di traumi con lesioni neurologiche e di lesioni legamentose. Gli Autori puntualizzano che i dati prodotti con il loro studio sono riferiti solamente ad una popolazione sportiva adolescenziale e ad un livello dilettantistico.

 

Lesioni in partita vs lesioni in allenamento

In due lavori che comparano l’incidenza, la natura e le cause delle lesioni riportate sui differenti terreni di gioco in calciatori inglesi, Fuller et al. hanno analizzato le differenze osservate tra gli infortuni occorsi durante le partite e gli allenamenti. Gli Autori concludono che non esistono grossolane differenze negli infortuni riportati tra atleti di sesso maschile e femminile.

Sono comunque degni di nota i dati che riguardano il maggior numero di lesioni acute in partita e di lesioni croniche in allenamento, tenendo presente che le lesioni croniche sono più rappresentate in allenamento che in gara. Tali dati non sono però comparabili con quelli di atleti professionisti ad elevato impegno poiché questi ultimi sono spesso utilizzati in una stagione che può durare anche 11 mesi, mentre i soggetti dello studio giocavano un campionato della durata di soli 5 mesi.

 

Effetti delle condizioni climatiche sui traumi

 In un’analisi condotta su diverse tipologie di football (americano, gaelico, australiano, rugby, calcio), Orchard attribuisce una rilevanza importante al rapporto tra elevato attrito della calzatura con il terreno di gioco ed incidenza dei traumi. La frizione aumenta in caso di terreno particolarmente duro, secco, in funzione del tipo e della densità di erba, della lunghezza dei tacchetti e della relativa velocità del gioco.

L’autore ipotizza che interventi volti a ridurre l’attrito calzatura-superficie, come ad esempio innaffiamento del campo ed elasticità del terreno, uso di tacchetti più corti, possibilità di giocare durante la stagione invernale (con terreni più scivolosi) potrebbero definitivamente ridurre l’incidenza di infortuni nel football. D’altronde anche Meyers et al. avevano già evidenziato l’impatto delle elevate temperature e della bassa umidità sull’interfaccia calzatura-terreno (specialmente su quello artificiale) tali da causare una maggiore incidenza di traumi sportivi.

In uno studio sugli infortuni occorsi a giocatori di football delle high schools in California invece, Ramirez et al. evidenziano come ci sia un maggior tasso di lesioni riscontrate durante incontri disputati su superfici bagnate od umide, in condizioni di nebbia ed in partite in notturna.

 

Risposta delle differenti calzature sulle superfici

In uno studio condotto su modello robotico, Villwock et. al. hanno comparato le prestazioni di 10 differenti tipi di calzature (Tabella 1) in relazione alle forze trasmesse nel contatto con i 4 differenti terreni di gioco (2 tipi di superfici artificiali e 2 manti erbosi naturali, per un totale di 40 combinazioni calzatura-superficie). Gli Autori hanno riscontrato che la morfologia dei tacchetti non influenza significativamente la rigidità rotatoria che la calzatura offre nell’attrito con il terreno mentre le qualità costruttive della tomaia influenzano maggiormente le prestazioni della calzatura all’interfaccia con il suolo.

A conferma di tale dato gli Autori evidenziano come la “rotational stiffness” di una calzatura costruita con una tomaia relativamente rigida sia significativamente maggiore di 6 tra gli altri modelli, mentre, al contrario, una scarpa dotata di una tomaia più morbida, fornisca dei dati di rigidità rotatoria decisamente migliori rispetto ad altri 5 modelli di calzature. L’attrito offerto è decisamente minore solo quando la lunghezza dei tacchetti scende al di sotto dei 7 mm., come ad esempio nelle scarpe utilizzate per il calcetto. È comunque dimostrato nello studio che il picco di forza e la rigidità rotatoria sono più elevati sui terreni artificiali (Figura 2).

Un’analisi biomeccanica su terreno sintetico ha valutato i valori pressori esercitati sulla regione plantare di calciatori valutati mediante percorsi di agilità prestabiliti ed in relazione a differenti tipologie di tacchetti. In base a questo studio una calzatura tipo calcetto sembrerebbe la meno gravata da condizioni di sovraccarico dell’avampiede specie se associata ad un sistema di ammortizzamento dell'intersuola. Gli Autori ipotizzano che tale sistema potrebbe ridurre l'incidenza delle fratture metatarsali da stress.

 

Influenza delle superfici sul gesto tecnico

Alcuni autori svedesi hanno raccolto, mediante una videoanalisi del gesto sportivo ed un questionario distribuito agli atleti (93 calciatori di cui 72 maschi e 21 femmine della massima serie svedese), i dati che riguardano l’influenza dei terreni di gioco sulla distanza percorsa durante una partita dai calciatori e sul numero dei passaggi.

In conclusione le attività di corsa e le caratteristiche tecniche sono risultate simili durante gli incontri svolti su erba artificiale o naturale. Comunque un minor numero di tackles scivolati ed un maggior numero di passaggi corti (< 10 m) vengono eseguiti su sintetico; quest’ ultimo dato in particolare è correlato al numero decisamente più elevato di passaggi eseguiti a centrocampo su terreno artificiale, mentre non è stata riscontrata una grande differenza riguardo il buon esito dei passaggi stessi. 

I maschi che giocavano regolarmente su manto erboso, come anche quelli abituati a giocare sul sintetico, avevano riferito di una maggior difficoltà nella corsa senza palla, un dispendio energetico più elevato ed una maggiore sensazione di discomfort nel sostenere l’incontro su terreno artificiale, differenze queste che non sono state evidenziate dal campione femminile. Gli Autori ipotizzano inoltre che da questi dati si può dedurre che superfici artificiali potrebbero influire sullo stile di gioco, con un maggior possesso palla ed una fase difensiva meno aggressiva rispetto a quello adottato in un match giocato su manto erboso naturale.
 
Anche se a tutt’oggi non risultano evidenze decisamente a favore dell’uno o dell’altro terreno di gioco, devono essere fatte le seguenti considerazioni:

- I terreni di gioco sono attualmente in continua evoluzione e le ultime tendenze parlano di tappeti erbosi naturali rinforzati, cioè manti naturali che convivono con terreni artificiali. Le casistiche di alcuni lavori sono state raccolte con terreni di gioco di generazioni meno evolute e comunque con caratteristiche differenti l’uno dall’altro, cosa che li rende difficilmente comparabili tra di loro.

 - Mentre nelle casistiche epidemiologiche sono più facilmente riportate le lesioni acute, qualche incertezza rimane sulla reale incidenza delle complesse lesioni da sovraccarico, per le quali probabilmente sarà necessario un periodo di monitoraggio più lungo.

- Ancora meno noti sono gli effetti dei differenti terreni sugli atleti in accrescimento. L’impatto è sicuramente importante se si pensa che ormai molte scuole calcio, per questioni di praticità, allenano i settori giovanili su terreni sintetici.

- Molto difficile è dimostrare, inoltre, quali possono essere gli effetti delle frequenti variazioni, tra allenamento e gara, dei terreni di gioco: probabilmente questi passaggi potrebbero accrescere l’incidenza delle lesioni da sovraccarico, ossee e tendinee.

- Se probabilmente oggi non ci sono dubbi che un terreno di gioco in erba naturale in perfette condizioni rappresenti il gold standard per la pratica del football, non ci sono neanche dubbi che un ottimo terreno artificiale possa essere talora molto migliore di un campo in erba naturale non curato od in cattive condizioni climatiche con terreno irregolare o fangoso, come spesso accade nelle serie minori.

- La rilevazione e l’analisi degli studi epidemiologici è infine di grande importanza perché l’osservazione delle patologie e delle condizioni in cui si verificano può portare a variazioni nella preparazione, nell’abbigliamento, nei regolamenti di gioco e nelle caratteristiche dei terreni che si riflettono significativamente sull’incidenza dei traumi sportivi.


 
AUTORI

Angelo De Carli, Giuliano Esposito, Carlo Iorio, Andrea Ferretti, Università di Roma “Sapienza”, Azienda Ospedaliera. Sant’Andrea - Centro di Traumatologia dello sport “Kirk Kilgour”.
 
BIBLIOGRAFIA
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Pubblicato il 07/01/2011

Modificato il 07/01/2011

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