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Pubblicato il 05/03/2012
Modificato il 05/03/2012
L'introduzione della cartella elettronica negli ospedali, che dovrebbe essere favorita dal decreto sulle liberalizzazioni, diminuisce molto i rischi per i pazienti. Lo afferma Tommaso Piazza, responsabile dell'Information Technology dell'Ismett, l'Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione di Palermo.
"Uno dei vantaggi principali è la riduzione degli errori di somministrazione dei farmaci - spiega l'esperto, il cui istituto è stato uno dei primi in Italia a introdurre la tecnologia in corsia - quando un medico fa una prescrizione questa viene registrata nella cartella, che verifica autonomamente la presenza di allergie o dosaggi sbagliati in relazione ad esempio al peso del paziente, oltre che la rispondenza a linee guida o altri criteri.
Una volta superati i controlli gli armadi della farmacia, anch'essa informatizzata, rilasciano solo la quantità esatta del farmaco. Lo stesso vale per le altre prestazioni: uno studio recente ha dimostrato che una procedura su tre in ospedale viene duplicata, e questo è impossibile se tutto è registrato elettronicamente".
La sanità digitale fa anche risparmiare viaggi inutili ai pazienti: "Noi abbiamo iniziato un programma di home monitoring sui trapiantati di fegato - spiega Piazza - il paziente ha a casa dei semplici dispositivi per il monitoraggio di parametri come temperatura o pressione, i cui valori vengono aggiornati in tempo reale sulla cartella.
I medici inoltre hanno sempre accesso ai dati, e possono controllarli dalla propria casa anche quando non sono in ospedale, dialogando con il paziente tramite videochat".
I costi per l'informatizzazione sono alti, ammette l'esperto, ma vengono ripagati: "È difficile quantificare il risparmio - conferma Piazza - l'investimento è importante, ma c'è un ritorno in termini di buone pratiche che ripaga dei soldi spesi".
L'adozione di queste pratiche potrebbe trovare qualche resistenza negli ospedali: "Le conoscenze per applicare la tecnologia su larga scala ci sarebbero - spiega Francesco Pinciroli, Ordinario di Bioingegneria al Politecnico di Milano - ma al momento non c'è l'accoglienza adatta negli ospedali per chi si occupa di queste cose, che anzi viene marginalizzato".
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Fonti:
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