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Pubblicato il 10/04/2012
Modificato il 10/04/2012
Il modello italiano di cura e assistenza delle persone con diabete si dimostra un vero e proprio 'salvavita': la collaborazione tra centri di diabetologia e medici di famiglia, secondo le modalità raccomandate dalle linee guida, allunga infatti la vita dei pazienti.
Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista PLoS One, condotto da un team di ricercatori composto da diabetologi, epidemiologi della regione Piemonte e del Dipartimento di salute pubblica dell'Università di Torino, guidato dal presidente dell'Associazione Medici Diabetologi (Amd) Carlo Giorda.
La ricerca è durata quattro anni ed ha riguardato le persone con diabete: 31.104 persone maggiori di 20 anni (pari al 3,5% della popolazione del capoluogo piemontese) sono state valutate per tutto il periodo dell'indagine.
Lo studio ha quindi dimostrato che i pazienti con diabete che, oltre che in carico al proprio medico di famiglia, erano seguiti anche dal centro diabetologico, secondo i più corretti principi, mostravano un rischio relativo di mortalità ridotti di oltre il 40% rispetto a chi veniva seguito solo dal medico di famiglia, e un rischio di mortalità da tumore ridotto di circa il 26%.
Lo stesso fenomeno si riscontrava con il rischio di infarto del miocardio e di ictus, maggiore del 30% nel gruppo seguito dal solo medico di famiglia, sino al rischio di amputazione degli arti inferiori che raddoppiava in questi ultimi.
''La persona con diabete, seguita, oltre che dal proprio medico di famiglia, dal Centro diabetologico, e quindi visitata periodicamente - afferma Giorda - vive più a lungo'', anche perchè''un controllo così stretto sicuramente incide sullo stile di vita e probabilmente, grazie alla stretta sorveglianza, permette di rilevare con anticipo altre malattie, come ad esempio i tumori''.
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