Scritto da Daniela Gallotti, giornalista professionista (Ordine regionale della Lombardia)
Pubblicato il 05/08/2010
Modificato il 05/08/2010
L'afasia è un'alterazione nella capacità di comprendere il significato delle parole e di usare i simboli verbali, ossia della capacità di tradurre le parole in pensieri e viceversa, senza che ci siano disturbi dell'apparato fonatorio e uditivo, disturbi psichiatrici oppure deficit intellettivi.
L'afasia è una delle conseguenze di alcune patologie a carico di diversi apparati: le cause più frequenti sono le vasculopatie (trombosi, embolia, ictus, ischemia) e i tumori dell'emisfero dominante del cervello.
Le aree del cervello colpite.
Di norma si distinguono due forme di afasia, ossia quella espressiva e quella motoria, ma oggi si considera l'espressione del linguaggio come l'attività integrata di diverse aree cerebrali nonché di differenti circuiti neuronali, quindi la classificazione delle forme di afasia non è più così netta.
Le aree del cervello più colpite sono quella di Broca e quella di Wermicke, ossia quelle primariamente adibite all'elaborazione del linguaggio: si trovano nell'emisfero sinistro per i destrimani, mentre nei mancini sono collocate nel 60% dei casi nell'emisfero destro e negli altri casi in quello sinistro. Nei bambini e nei giovani le abilità linguistiche possono a volte essere recuperate grazie all'intervento di altre aree cerebrali.
I disturbi del linguaggio legati all'afasia.
L'afasia si può manifestare con la sostituzione di una parola con un'altra di differente significato ma appartenente alla stessa famiglia semantica (ora invece di orologio); un altro caso frequente è l'impiego di una parola inappropriata al contesto ma dal suono simile a quella giusta (marmotta al posto di caciotta); in altri momenti ancora vengono impiegate parole avulse dal contesto e senza legame con la parola corretta.
L'analisi clinica ha permesso di osservare che le prime parole ad essere dimenticate sono i nomi propri, poi i nomi comuni, seguiti dagli aggettivi, dai verbi e dalle preposizioni.
Gli afasici detti fluenti hanno un'espressione relativamente produttiva, di circa una ventina di parole al minuto con frasi composte da cinque o sei elementi; l'intonazione della frase è pressoché normale, le frasi sono spesso lunghe, sintatticamente sconnesse e ricche di perifrasi, ma normalmente i pazienti non si accorgono del loro deficit. Gli afasici non fluenti, invece, riescono a generare solo parole isolate o frasi telegrafiche: i pazienti si rendono conto delle loro difficoltà, si scoraggiano e spesso rinunciano a parlare.
L'afasia può interessare solo la capacità di parlare oppure solo la capacità di scrivere; può anche essere accompagnata da altri disturbi come la disartria (disurbo dell'articolazione e della fonazione della parola) o l'aprassia (incapacità di compiere gesti verso un determinato fine).
- Enciclopedia Treccani (Novecento) - Ist. della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani Ed. 1990 - Autori e riferimenti scientifici: vedi link
Fonti:
- Enciclopedia della Medicina - DeAgostini Ed. 2010 - Autori e riferimenti scientifici: vedi link
- L'Universale della Medicina - Garzanti Ed. 1995 - Autori e riferimenti scientifici: vedi link
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