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Pubblicato il 25/10/2011
Modificato il 25/10/2011
Rinunciare alla maternità, alla sessualità, svegliarsi con rigidità e funzionalità compromessa, convivere con il dolore cronico, il tutto, magari, già a partire dai 35 anni. Non soltanto un'ipotesi, ma la realtà di tutti i giorni per le 350mila persone in Italia che soffrono di artrite reumatoide, il 75% delle quali è costituito da donne fra i 35 e i 50 anni, con un rapporto di 5 a 2 rispetto all'uomo. È quanto emerge da un'indagine condotta su 719 pazienti dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (O.N.Da), in collaborazione con Anmar (Associazione Nazionale Malati Reumatici) e con il contributo di Mundipharma, proprio in occasione della recente giornata Mondiale che si è tenuta il 12 ottobre.
La ricerca fa luce sulla sintomatologia della malattia, prima causa di disabilità nel mondo occidentale, e su come questa condizioni l'esistenza nella sua totalità in più della metà dei pazienti: ne risentono il buon equilibrio psico-fisico (53%) in generale, le relazioni interpersonali (47%), il desiderio sessuale (50%), la normale vita di coppia (18%), la voglia di maternità (8%), l'autostima (35%), il potere deduttivo (32%), la motricità (68%). Un quadro accompagnato spesso anche dalla presenza di un persistente dolore cronico (49%). Restano un tabù le implicazioni di natura sessuale: il 74% dei pazienti ha riserbo a parlarne con il reumatologo o il ginecologo, figura referente per la donna, ed accetta come irrisolvibile la disabilità in tutti i suoi aspetti (44%).
Buoni risultati nella cura dell'artrite reumatoide si ottengono dalla combinazione di cure e fisioterapia (ma praticata con assiduità solo da 1 paziente su 4), sia a livello clinico che nella percezione del paziente, con ricadute positive sul rallentamento dell'evoluzione della malattia (43%), la diminuzione del dolore (43%), un miglioramento dello stato complessivo di salute (31%), contro un 8% di pazienti che non hanno alcun giovamento dai trattamenti. Nuove speranze per questa malattia sono oggi correlate a cure con effetto antinfiammatorio a base di cortisone a rilascio notturno programmato che possono aiutare ad alleviare la rigidità articolare mattutina ed il dolore cronico.
"Vi è la diffusa ed errata convinzione - ha spiegato la presidente di O.N.D.A., Francesca Marzagora - che l'artrite reumatoide colpisca soltanto la popolazione fra i 51 e i 70 anni o addirittura solo gli ultrasettantenni. In realtà essa si estende già a partire dai 35 anni, con picchi fra 40 e i 60 anni, ma non ne sono esclusi neanche i giovani e i bambini molto piccoli. Da qui l'esigenza di contrastare non soltanto lo sviluppo della malattia, ma anche di far fronte al dolore e alla rigidità mattutina con terapie innovative e mirate al miglioramento della qualità di vita".
"Il messaggio che scaturisce forte e chiaro - ha aggiunto Giovanni Minisola, Presidente della Società Italiana di Reumatologia e Primario Reumatologo presso l'Ospedale di Alta Specializzazione 'San Camillo' di Roma - è che esiste tra gli interessati piena consapevolezza del problema e che è vivo il desiderio di una soluzione. La soluzione oggi può essere trovata individuando le vie farmacologiche più appropriate, al fine di evitare la limitazione funzionale, di combattere le deformità articolari e di controllare i sintomi nel modo migliore. Resta prioritaria la diagnosi precoce fin dai primi campanelli di allarme e la somministrazione tempestiva dei farmaci necessari".
Fonti:
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