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Contro schizofrenia, create cellule cervello a partire da staminali epiteliali

Una nuova strada che sfrutta le cellule simil-staminali

Contro schizofrenia, create cellule cervello a partire da staminali epiteliali Contro schizofrenia, create cellule cervello a partire da staminali epiteliali


Scritto da

AdnKronos Salute (Agenzia Giornalistica di Comunicazione)


Pubblicato il 06/05/2011

Modificato il 06/05/2011

Un team di scienziati del Salk Institute for Biological Studies, della Penn State University e di altre istituzioni ha sviluppato un metodo per ricreare le cellule del cervello di pazienti affetti da schizofrenia dalla loro pelle, con l'obiettivo di studiare la malattia e l'efficacia delle terapie in laboratorio. Una nuova strada che sfrutta le cellule simil-staminali 'ringiovanite' in laboratorio, da percorrere per comprendere meglio i meccanismi di questo e di altri disturbi misteriosi come quello bipolare o l'autismo, riporta online la rivista 'Nature'.Gli esperti hanno prima di tutto estratto dei campioni di cellule della pelle da pazienti schizofrenici. Poi, utilizzando raffinate tecniche di biologia molecolare, le hanno trasformate in staminali indotte pluripotenti (iPs), che hanno la capacità di differenziarsi in vari tipi di cellule. Gli scienziati hanno deciso di farle diventare cellule del cervello, o neuroni, e le hanno poi messe a confronto con cellule cerebrali di persone sane: effettivamente, nelle cellule dei malati è emerso un numero minore di interconnessioni.

 

Kristen Brennand, uno degli autori della ricerca, fa notare: "Per la prima volta, abbiamo un modello che ci consente di studiare in laboratorio il funzionamento dei farmaci e di capire se saranno efficaci in quel malato, senza doverglieli far provare e, potenzialmente, senza che debba sperimentare effetti collaterali". Un passo avanti enorme dunque, dato che questo metodo deriva da una semplice estrazione di cellule cutanee dal corpo del paziente e non da quella di cellule cerebrali, molto più complessa e pericolosa. "Utilizzando questo sistema - assicura Gong Chen, che ha partecipato allo studio - potremo sapere come un particolare farmaco agirà su quel preciso paziente, e andare verso terapie sempre più personalizzate".



Fonti:

Nature Volume: 473, Pages: 221–225 - Date published: (12 May 2011) - doi:10.1038/nature09915

 




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