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Pubblicato il 28/09/2011
Modificato il 28/09/2011
L'uso di stimolanti che trattino l'ADHD (Sindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività) è cresciuto lentamente ma progressivamente negli ultimi anni. L'indagine condotta dai National Institutes of Health e dall'Agency for Healthcare Research and Quality americani ha riguardato il periodo 1996-2008 e ragazzi fino ai 19 anni.
Come si legge sulla rivista American Journal of Psychiatry, durante gli anni Novanta l'uso di farmaci stimolanti per curare questo disordine che compare durante l'infanzia si è incrementato, passando da un tasso dello 0,6 per cento nel 1987 al 2,7 per cento nel 1997 e al 2,9 per cento nel 2002 e il trend, secondo recenti report, è in crescita.
L'ADHD è uno dei più comuni disturbi dell'infanzia, e può proseguire anche durante l'adolescenza persistendo nell'età adulta.
I sintomi includono difficoltà a focalizzare l'attenzione e a controllare il comportamento e iperattività. Di solito, la condizione viene trattata con stimolanti come metilfenidato, anfetamine e altri tipi di medicine. Anche le terapie comportamentali possono essere efficaci.
Secondo studi dell'Health Resources and Services Administration's National Survey of Children's Health, la percentuale di giovani fra i 4 e i 17 anni a cui è stata fatta una diagnosi di ADHD è cresciuta dal 7,8 per cento del 2003 al 9,5 per cento del 2007.
"Circa il 60 per cento dei bambini con ADHD è curato con farmaci, anche se si tratta di solo uno dei metodi con cui contrastare il disturbo", ha spiegato Benedetto Vitiello, fra gli autori della ricerca.
Nel nuovo studio si legge che le prescrizioni farmacologiche riguardano soprattutto i bambini fra i 6 e i 12 anni (il 5,1 per cento nel 2008), ma gli aumenti più veloci riguardano i 13-18enni, che sono passati dal 2,3 per cento del 1996 al 4,9 per cento del 2008 .
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Fonti:
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