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Prima retina bioartificiale, tutta made in Italy

La sfida delle bio-nanotecnologie su 'Nature' studio IIT, CNST e Politecnico Milano

Studio retina bioartificiale Studio retina bioartificiale


Scritto da

Adnkronos


Pubblicato il 03/02/2011

Modificato il 03/02/2011

Uno studio tutto italiano apre la strada alla realizzazione di una retina artificiale organica, elettricamente autonoma e con una efficienza paragonabile a quella umana. Il lavoro per la messa a punto del prototipo, firmato dal Dipartimento di neuroscienze e neurotecnologie (Nbt), dal Centro di nanoscienze e tecnologie dell'Istituto Italiano di Tecnologia (Cnst - Iit@Polimi), e dal Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, è pubblicato su 'Nature Communications' ed è coordinato da Guglielmo Lanzani del Cnst.

 

La premessa che ha guidato il gruppo, spiega una nota, è la ricerca di una soluzione ai problemi legati al malfunzionamento della retina umana. Questa è composta da un insieme di fotorecettori neuronali (coni e bastoncelli), capaci di captare i segnali luminosi, trasformarli in impulsi elettrici che vengono trasportati al cervello attraverso il nervo ottico. Mancanze, difetti o patologie di questi fotorecettori portano a conseguenze più o meno gravi e debilitanti, dal daltonismo alla cecità. Il gruppo di lavoro è riuscito a creare una retina artificiale in grado di sostituire questo tessuto e le sue funzioni. Questa consiste in un'interfaccia tra le cellule nervose e un materiale organico semiconduttore, chiamato rr-P3HT:PCBM, in grado di captare gli impulsi luminosi convertendoli in corrente elettrica. In questo modo, la stimolazione luminosa dell'interfaccia provoca l'attivazione dei neuroni, mimando il processo a cui sono deputati i fotorecettori presenti nella retina.

 

Il campo delle bio-nanotecnologie studia la possibilità di creare materiali artificiali che possano sostituire i tessuti umani. Tra le maggiori sfide in questo campo c'è, appunto, la capacità di rendere il materiale artificiale compatibile sia con i tessuti collegati, sia con quelli circostanti l'impianto, un limite posto dai materiali inorganici come i metalli e il silicio. "L'utilizzo di questo materiale organico semiconduttore è stato decisivo nel superare diversi problemi - afferma Lanzani - Il fatto di essere organico lo rende soffice, leggero e flessibile, garantendo una buona biocompatibilità ed evitando complicazioni ai tessuti circostanti.

 

Inoltre, essendo un polimero semiconduttore, ha la capacità di trasmettere impulsi elettronici e ionici senza una grande dispersione di calore, che potrebbe causare diversi danni al sistema nel suo complesso". L'effetto fotovoltaico, inoltre, permette di trasformare l'energia della luce in impulso elettrico. Questo, al contrario delle interfacce realizzate finora in metallo o silicio, consente di non avere né la necessità di una sorgente elettrica esterna per funzionare, né di dover trovare una soluzione al calore che viene dissipato attraverso la generazione di una corrente elettrica. "Questo approccio - precisa Fabio Benfenati, direttore del Dipartimento NBT dell'IIT - rappresenta un'importante alternativa ai metodi utilizzati fino ad oggi per ripristinare la capacità fotorecettiva dei neuroni. E' più semplice e permette di non utilizzare la tecnica di trasferimento genico mediante vettori virali, che pone alcuni rischi. Inoltre, utilizzando il tipo di interfaccia creato dal nostro gruppo, è possibile ottenere un effetto della stimolazione luminosa estremamente localizzato, riproducendo la risoluzione spaziale della retina".

 

La realizzazione di questo prototipo di retina artificiale apre la strada anche allo sviluppo di altre applicazioni, basate sulla foto-stimolazione neuronale.



Fonti:

AdnKronos Salute (Agenzia Giornalistica di Comunicazione)

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