Scritto da Daniela Gallotti, giornalista professionista (Ordine regionale della Lombardia)
Pubblicato il 16/09/2015
Modificato il 31/08/2010
Quando si parla di tossicodipendenza, la “voglia” di assumere droghe o farmaci assume il contorno piscologico e fisiologico di una necessità assoluta e impellente. Nelle manifestazioni cliniche e comportamentali dell'assunzione cronica di sostanze stupefacenti, si distinguono infatti una dipendenza fisica e una psichica: la prima nasce dall'assuefazione – e quindi dalla tolleranza - del soggetto nei confronti della droga, e dalla conseguente necessità di assumerne dosi sempre maggiori; la seconda, invece, è uno stimolo psichico incontrollabile, che finisce per esulare dal controllo della volontà. Ecco perché la “voglia di smettere” deve combattere su due fronti, ed ecco perché la dipendenza riesce anche a far dire “non ho voglia di smettere”.
“Ho voglia di smettere”
La difficoltà maggiore a sospendere l'assunzione di droghe o farmaci è la sindrome di astinenza, i cui sintomi variano da sostanza a sostanza: smettere di assumere oppiacei e stimolanti induce effetti opposti a quelli delle droghe normalmente assunte; la sospensione di barbiturici e benzodiazepine, invece, provoca l'acutizzazione degli stessi sintomi che avevano spinto all'assunzione dei farmaci. Una cura di disintossicazione non può prescindere dalla collaborazione dello stesso tossicodipendente: la sua volontà di smettere è messa a dura prova – come dicevamo – dalla dipendenza fisica e psichica e quindi si rende necessario un supporto. La psicoterapia è imprescindibile, ma possono aiutare anche l'esistenza di una motivazione che funga da stimolo (un lavoro che si profila all'orizzonte, una relazione interpersonale importante) nonché il confronto con altri individui che hanno vissuto e stanno vivendo la medesima esperienza (quello che succede nelle comunità terapeutiche).
“Non ho voglia di smettere”
Il desiderio, inteso in termini generali e non solo relativamente alla voglia di smettere di drogarsi, può essere in alcuni individui, dal punto di vista psichico, qualcosa di molto fluttuante, dai confini non sempre netti. Questo meccanismo diventa ancora più evidente nei soggetti tossicodipendenti, che possono essere definiti “oscillanti” non solo da un punto di vista temporale (il desiderio può cambiare da una fase all'altra), ma anche in seno al desiderio stesso: i momenti di desiderio essenziale e compulsivo e di dipendenza nei confronti di questo desiderio non prescindono da una certa labilità della volontà. La dipendenza fa sì, infatti, che il “desiderio” della droga sia in realtà un bisogno, e questo lo trasforma in una necessità impellente, imprescindibile e irrinunciabile; allo stesso tempo, gli effetti della dipendenza fanno sì che il desiderio di smettere venga sentito come una necessità in fragili momenti, e resti invece nel profondo un desiderio, quindi rimandabile, suscettibile di soccombere al desiderio opposto di non smettere. Il sostegno nella disintossicazione non può quindi prescindere da un adeguato lavoro di psicoterapia in questa direzione.
- Enciclopedia Treccani (Novecento) - Ist. della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani Ed. 1990 - Autori e riferimenti scientifici: vedi link
Fonti:
- Enciclopedia della Medicina - DeAgostini Ed. 2010 - Autori e riferimenti scientifici: vedi link
- L'Universale della Medicina - Garzanti Ed. 1995 - Autori e riferimenti scientifici: vedi link
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