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Pubblicato il 25/07/2011
Modificato il 25/07/2011
''Come pediatri abbiamo la gestione di circa il 60-70% dei malati rari, ma i bambini non sono trattati in modo uniforme. A seconda della regione in cui risiedono hanno un'assistenza diversa e possono avere o meno l'accesso ai farmaci che gli servono''. A denunciarlo il Dr Andrea Bartuli, della Società Italiana di Pediatria.''Basti pensare - commenta - molti pazienti dall'Abruzzo vogliono diventare residenti nel Lazio per avere accesso ai farmaci per le malattie rare''.
Inoltre molti bambini, continua, ''sono assistiti in centri non pediatrici, e certo l'assistenza sul territorio non è affatto migliorata. Ogni regione infatti sta facendo il suo centro di screening neonatale, ma senza prevedere anche i reparti di assistenza e terapia. C'è una ridondanza di centri di eccellenza, o presunti tali, e un impoverimento dell'assistenza sul territorio, anche per via della chiusura di piccoli ospedali e punti nascita che sarebbero potuti essere riconvertiti in strutture per la cura e l'assistenza di questi malati. Di fatto non si è costruita una rete reale, perché ogni regione ha la sua''.
Per migliorare l'assistenza e la diagnosi delle malattie rare, che colpiscono in Italia un numero variabile tra 25mila persone, secondo le istituzioni, e 2 milioni secondo le famiglie, la Federazione Italiana dei Medici Pediatri sta organizzando dei corsi per formare sui problemi delle malattie rare dei formatori che avranno il compito di informare medici e pediatri di base. ''Il problema più grosso - precisa la Dott.ssa Tiziana Di Giampietro della FIMP – è che molti malati rari non rientrano nei L.E.A. (Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria), sia perché la diagnosi arriva molto tardi, in media dopo 5-7 anni, sia perché alcune patologie, come i tumori rari, non vi sono compresi''.
Per Approfondire: Vedi Osservatorio Malattie Rare
Fonti:
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