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Raccogliere e conservare le staminali del cordone

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Conservazione staminali Conservazione staminali


Pubblicato il 04/04/2017

Modificato il 04/04/2017

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente

Quando si aspetta un figlio è normale avere tante domande e dubbi. Una di queste può essere: “qual è la differenza tra la donazione pubblica e la conservazione cellule staminali in banche private?”

Porsi domande è sempre lecito, specie in un momento delicato come la gravidanza. È dunque estremamente importante che alla gestante vengano fornite tutte le informazioni giuste così che possa prendere le sue decisioni in assoluta consapevolezza e tranquillità.

Con questo articolo cercheremo di fare chiarezza sulla procedura per raccogliere e conservare le cellule staminali del cordone.

 

Il sangue del cordone ombelicale, contenente le preziose cellule staminali, viene raccolto subito dopo il parto dal personale ostetrico adeguatamente formato. L’ostetrica utilizza un apposito ago di grosso calibro che permette di trasferire il sangue cordonale dalla vena ombelicale ad una sacca ematica contenente un anticoagulante.

Il campione raccolto viene dunque portato immediatamente ad una biobanca all’estero (in caso di conservazione privata delle staminali) e lì verrà sottoposto ad opportune analisi ematologiche che permetteranno di calcolare la cellularità e il volume del campione e valutano l'eventuale presenza di batteri o contaminanti che potrebbero intaccare la conservazione e l’utilizzo delle cellule in terapie. 

 

Terminate le analisi biochimiche ed ematologiche, il campione verrà sottoposto a una serie di trattamenti, come l’eliminazione della frazione plasmatica o dei globuli rossi, che ne consentiranno la crioconservazione. La crioconservazione della sacca avviene all’interno di biocontainers contenenti azoto in forma liquida o gassosa alla temperatura di -196°C. Per evitare la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle cellule che ne potrebbero causare la rottura, al campione viene aggiunto un agente crioprotettivo, generalmente dimetilsolfossido (DMSO) al 10%.1

All’interno dei biocontainers è presente una sonda che permette di rilevare eventuali variazioni di temperatura che potrebbero danneggiare l'intero processo di conservazione. Le sonde sono connesse ad un sistema di allarme che si azionerà in caso di variazioni. Inoltre, come ulteriore precauzione, i biocontainers sono spesso dotati di una fonte secondaria di azoto, pronto per essere rilasciato in caso di problemi alla biobanca, come ad esempio un black-out. 

 

Tutti questi processi e attenzioni permettono di conservare le staminali del cordone ombelicale per un lungo periodo di tempo, lasciando inalterate le loro potenzialità terapeutiche. Infatti, diversi studi scientifici, hanno dimostrato che è possibile crioconservare le cellule staminali del cordone ombelicale per oltre 24 anni senza alterarne vitalità, capacità proliferative e differenziative. 2,3

Ad esempio, in uno studio scientifico, staminali del cordone ombelicale umano conservate per più di 24 anni sono state trapiantate in un modello murino. Le cellule sono state capaci di ripopolare il midollo osseo dell’animale e, quando raccolte a sei mesi dal trapianto, hanno ripopolato anche il midollo osseo di un secondo animale.3

Ad oggi, in Italia, le staminali del cordone possono essere utilizzate nel trattamento di oltre 80 patologie.

 

Per ulteriori informazioni sulle staminali del cordone e sulla loro conservazione visita il sito: www.sorgente.com

 

Fonti:

1.  Moise, K.J., Jr., Umbilical cord stem cells. Obstet Gynecol, 2005. 106(6): p. 1393-407.

2.  Broxmeyer, H.E., et al., Hematopoietic stem/progenitor cells, generation of induced pluripotent stem cells, and isolation of endothelial progenitors from 21- to 23.5-year cryopreserved cord blood.  Blood. 117(18): p. 4773-7.

3.  Broxmeyer, H.E., Cord blood hematopoietic stem cell transplantation in StemBook, T.S.C.R. Community, Editor. May 26, 2010. 





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